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apr 08

The Black Angels + Dragons of Zynth @ Cirolo degli artisti

Ultimo mese dell’anno, ultimi concerti del 2008. Ne sono passate tante di facce dalla capitale, vecchie e nuove, e noi non è che siamo rimasti inerti ad aspettare che il cenone di Natale ci rimpinguasse ed i botti di Capodanno ci scoppiassero nelle orecchie. Anzi, i nostri padiglioni auricolari si sono dati molto da fare tra una improvvisata dei Futureheads (al Black Out, storico locale che ha riaperto i battenti dopo qualche anno di assenza) ed una fantastica apparizione degli Yeti, che hanno infiammato San Lorenzo in una serata di fine novembre.
Ma il nostro interesse è via via scivolato verso i piani alti della musica, quelli dove il suono e l’immaginazione dopo diversi intrecci e rincorse tra di loro, raffigurabili come un’elica del DNA, si uniscono per dare vita al genere più visionario della musica: la psichedelia. Ecco spiegato il nostro particolare interesse per i White Hills (splendida serata al Sinister Noise del gruppo di NY), e gli Acid Mothers Temple, storica formazione giapponese che ha incantato i presenti nella migliore notte di Halloween della mia vita. Non vi annoierò con le descrizioni di questi concerti, invece vi romperò le palle con i Black Angels: il valore di questi 5 musicisti texani merita il superamento dei limiti a cui mi costringe la mia vita terrena. Consideratelo un regalo di Natale anticipato…E’il primo dicembre, il gelo si è abbattuto sulla capitale. Lunedì, ma nonostante la pioggia copiosa la preoccupazione per l’esaurimento dei biglietti ci preoccupa un po’. Passo dal Circolo presto ed attendo l’arrivo di Silvia, Carmela, Lorenzo e Mina. Sono i quattro cavalieri dell’apocalisse psichedelica che mi accompagneranno in questa serata visionaria. Solo le prime due arrivano in tempo per vedere l’opening act dei Dragons Of Zynth, gruppo newyorkese abituato a calcare ben altri palcoscenici e, soprattutto, ad avere di fronte ben altro tipo di pubblico. A primo contatto non ci piacciono più di tanto, si rifanno molto, anzi, troppo ai concittadini TV On The Radio, quindi l’originalità latita e l’assenza di supporto dal pubblico li lascia un po’ basiti. Solo Rockin’ Star, l’ultimo pezzo ci appassiona notevolmente, e decido di andare a fare i complimenti a Aku (voce) anche se avrei preferito la bassista Fon Li al banchetto dei cd…Gli chiedo se hanno suonato anche al Black Cat di Washington D.C., sai la nostalgia per gli USA è tanta, è già da un anno che non sto più lì: Aku risponde che sì, hanno suonato sia lì che al 9:30 (e ciò vuol dire tanto per un gruppo molto giovane) ed alla mia impressione sulla loro somiglianza con i TV On The Radio mi confessa che hanno lo stesso manager: 1 a 0 per Closer, palla al centro…
L’attesa è ansiogena, passo vicino al palco e noto la pedaliera della chitarra con un adesivo: Halliburton is making a killing in Iraq. Giusto per far capire come la pensiamo noialtri. Come al solito Lorenzo entra nello stesso preciso istante in cui entrano i Black Angels. E dalla prima, solitaria nota del pezzo di apertura, si capisce subito che tipo di serata magica vivremo: Directions To See A Ghost e Passover sono due album fenomenali, e basta l’ascolto di un solo pezzo contenuto in uno di questi due capolavori per restarne impressionato a vita. A me è successo con Manipulation, che mi è rimasta appiccicata al cervello come un post-it sul frigorifero di casa. Ma ad ogni ascolto i post it si moltiplicano, come gli improvvisi urlacci di Alex nel bel mezzo di un mantra cosmico, fin quando non ti trovi ricoperto da una massa colorata, con un sorriso ebete e beato, che pochi capiranno guardandoti mentre giri con l’Ipod per strada ascoltando  Doves al massimo volume. La mia idea di recuperare la macchina digitale per scattare un po’ di foto stasera viene immediatamente riposta accuratamente nel cassetto delle cattive intenzioni del mio comodino mentale: non c’è spazio per immagini fisiche stasera, ma solo per quelle sonore, e per seguire attentamente il flusso bisogna stare attenti ad ogni singolo suono creato da Stephanie Bailey, Christian Bland, Kyle Hunt, Alex Maas e Nate Ryan. Ognuno dei quali suona qualsiasi cosa gli passi per le mani, con una velocita e nonchalance nel passare da uno srumento all’altro da lasciare assolutamente senza parole. Difficile parlare dei riferimenti principali di questo gruppo di Austin, Texas se non partendo dai Velvet Underground dai quali prendono il nome ed il logo del gruppo: ma sarebbe assolutamente superficiale fermarsi qui. Partendo dal passato esistono rimandi ai Pynk Floyd, quelli “veri” con Syd Barret di Astronomy Domine (e c’è chi giura di averla anche sentita coverizzata durante il concerto), in Mission District nel nuovo album; ci stanno gli Spacemen 3 dei drones chitarristici di Jason Pierce, nei momenti più altamente lisergici; ci stanno i The Brian Jonestown Massacre ed il genio creativo di Anton (Antonie per gli amici!) Newcombe, e perché no, anche i Black Rebel Motorcycle Club, quelli veri dei primi album, dei quali chi vi scrive è un appassionatissimo fan e dei quali stasera indosso in dote una maglietta: soprattutto nel loro lato Black, nell’oscurità dalla quale escono i loro suoni angelici e che fa da sfondo all’era critica contemporanea che ci opprime…
Insomma il meglio che potete ascoltare del presente e del passato riunito in un gruppo di 5 musicisti fenomenali. Poco e niente c’entrano invece i Jesus & Mary Chain, ai quali molti, per pubblicizzare l’evento li avevano accostati. Anche perché del tutto assenti dell’ingrediente principali del gruppo: gli anni’60 americani, quelli dei figli dei fiori, dei Jefferson Airplane e della San Francisco della Summer Of Love e delle comuni hippies, dalle quali sembra uscita magicamente la voce, la barba ed il baschetto di Alex.

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