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ott 07

Anna Calvi – One Breath

Da grande amante del suo omonimo esordio (2011), nominato al Mercury Prize e lodato da Brian Eno e Nick Cave, ascoltare One Breath, nuovo album di Anna Calvi, non è stato facile. Non ci sono Susanne & I, The Devil o Desire, mancano quelle atmosfere sensuali e ferine, quei rossi e neri che tinteggiavano sulla cover e negli arrangiamenti. One Breath è qualcosa di molto lontano da tutto questo e, quindi, la delusione iniziale è stata forte. Ma, da grande amante del suo esordio, ho insistito più volte per capire questa nuova fatica: meno immediato, meno irruento, meno passionale, One Breath è un album diverso, ma ugualmente interessante. Il titolo, stando alle parole della Calvi, trae la propria ispirazione da quell’ultimo respiro, quel momento, fatto di paura e speranza, prima di aprire se stessi: la musica diviene più introspettiva, più ricercata (qua e là compaiono abbondanti archi) e i brani spaziano in un caleidoscopio lontano dal fil rouge rock della sua opera prima. One Breath è una tavolozza che contiene molti colori: tinte fredde e calde si susseguono continuamente, rivelando come la Calvi non sia un’artista che ama ripetere se stessa, ma che ama sperimentare, cercando di allontanare il proprio nome da quell’ingombrante e continuo paragone con PJ Harvey. La frammentarietà del risultato è affascinante e, sebbene la presenza di qualche piccola caduta di tono, One Breath vive di luce propria, sorreggendo il confronto con Anna Calvi, debutto che, comunque, speriamo non rimanga irripetibile nella carriera dell’interprete.
One Breath si apre con due tracce che guardano in maniera evidente al predecessore: Suddenly, ballata sensuale che si apre in un chorus fragoroso e in un ottimo bridge e il singolo Eliza, cavalcata rock che acquista potenza nella coda, in cui la Calvi si lascia andare a vocalizzi su un assolo caratteristico. La produzione di John Congleton si fa evidente nei due brani che seguono, in cui l’artista indossa una veste inedita, che la avvicina ad un’altra musicista del panorama attuale, St. Vincent: il tono sussurrato di Piece By Piece, convincente virata verso un pop elettronico con chitarre distorte sotto forma di filastrocca, o l’elettrica Cry, con quegli squarci isterici alla Northern Lights e il climax conclusivo alla Cruel. Sing To Me è un malinconico e perfetto canto di sirene indirizzato a uno dei suoi idoli, Maria Callas: si crea uno spazio adimensionale e atemporale con echi lontani e archi che irrompono a dare magniloquenza ad una ballata scheletrica e sognante. Tristan si pone a metà strada tra PJ Harvey e Siouxsie, in One Breath il mormorio vocale accompagna un crescendo continuo: i sintetizzatori iniziali vengono sopraffatti da percussioni che sembrano annunciare una violenta evoluzione rock che, al contrario, è soppiantata da un’apertura orchestrale da musica classica. È un interessante immersione nella musica da camera, dai toni quasi ottocenteschi. Per gli amanti del passato, Love Of My Life è un distorto e divertente motivetto hard rock, in cui Annie Clark e gli Yeah Yeah Yeahs si fondono in un’unica delineata personalità. La marimba di Carry Me Over sembra presa da My Brightest Diamond, così come quei violini barocchi: un esperimento non del tutto riuscito. Bleed Into Me, che guarda a Jeff Buckley, vive di un romanticismo toccante e la successiva ed eterea The Bridge, quasi una sorta di piccolo drappeggio conclusivo, mostra le doti vocali della Calvi, a capo di un coro spirituale e suggestivo.

Label: Domino
Anno: 2013

Track list

01 – Suddenly
02 – Eliza
03 – Piece By Piece
04 – Cry
05 – Sing To Me
06 – Tristan
07 – One Breath
08 – Love Of My Life
09 – Carry Me Over
10 – Bleed Into Me
11 – The Bridge

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