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set 01

Neko Case – The Worse Things Get, The Harder I Fight, The Harder I Fight, The More I Love You

a cura di Marco Valchera

L’estensione chilometrica del titolo del nuovo, sesto album di Neko Case, The Worse Things Get, The Harder I Fight, The Harder I Fight, The More I Love You (di memoria Appleiana), indica, sin dal principio, la complessità e l’urgenza vitale dell’interprete. Il seguito del successo Middle Cyclone (2009) ci ripropone l’autrice in uno stato di grazia assoluto: non ci sono cadute di stile, nonostante la grande eterogeneità dei brani che lo compongono. Frutto di un periodo di profonda depressione, The Worse Things snocciola riflessioni sulla solitudine, la morte, l’amore, l’infanzia, su un power pop tutt’altro che malinconico o manieristico. Inoltre, il timbro della Case riesce ad impreziosire ogni singolo passaggio, in un calderone di generi diversi, che spaziano dal country rock, al post grunge, alla tradizione della canzone americana, fino a lambire i territori di un jazz d’avanguardia. Ad aiutarla in questa catarsi di rabbia e dolore, un parterre di ospiti di primordine: membri dei New Pornographers (di cui la stessa Neko fa parte, di tanto in tanto), il musicista e produttore Howe Gelb (già al lavoro con l’ultima KT Tunstall), M. Ward, apprezzato chitarrista indie folk e membro degli She & Him, e componenti di band di culto, quali Calexico, Los Lobos, My Morning Jacket. Tutto a dimostrazione dello status della Case nella scena attuale americana: status più che meritato, data la profondità e la ricchezza di The Worse Things Get, The Harder I Fight, The Harder I Fight, The More I Love You, uno dei migliori album di cantautorato di questo 2013.
Il pregio di questo lavoro sta nel riuscire a concentrare la mastodontica vena creativa della sua artista in sole dodici tracce, per lo più, di breve durata, ma di altissimo livello. L’apertura, affidata a Wild Creatures, è difficile da dimenticare: le note di piano si sposano a un’evoluzione di roboanti batterie e chitarre elettriche, in cui il verso finale è manifesto dell’intero lavoro: There’s no mother’s hands to quiet me. Night Still Comes è un tradizionale e riuscito pop rock dal ritornello memorabile, che richiama le atmosfere di Eleanor Friedberger, mentre il singolo Man, con il prezioso aiuto alle chitarre di M. Ward, è una cavalcata rock’n’roll, dalle atmosfere quasi grunge, alla Hole. Se I’m From Nowhere rallenta i ritmi con una delicata ballata acustica, il country folk di Bracing For Sunday ricalca l’energia della prima Tunstall con l’aggiunta di fiati. Nearly Midnight, Honolulu è una delle numerose perle: un interludio a cappella, dove la nuda voce della Case giganteggia sull’assenza di strumenti, mossa da dolore e  tangibile pathos. Calling Cards è un country jazz, su pedal steel e dai toni notturni (inevitabile il paragone con Joni Mitchell), City Swans è un folk rock alla Neil Young, Local Girl è un soul Sixties, a metà strada tra Duffy e Gemma Ray, la conclusiva Ragtime è una marcetta rock’n’roll divertente, inframmezzata da una tromba. La rilettura di Afraid di Nico si regge sull’essenziale interpretazione vocale e qualche accenno musicale, ricordando la dolcezza delle ninne nanne di Simone White. Menzione speciale per Where Did I Leave That Fire, dagli echi jazz, si muove tra note di pianoforte e atmosfere impalpabili, fino alla concretizzazione di chitarre distorte e batterie, e accompagna versi di crisi interiore e male di vivere: That was when I left my body for good/And I shook off all the strength I’d earned/I wanted so badly not to be me.

Label: Anti
Anno: 2013

Tracklist

01 – Wild Creatures
02 – Night Still Comes
03 – Man
04 – I’m From Nowhere
05 – Bracing For Sunday
06 – Nearly Midnight, Honolulu
07 – Calling Cards
08 – City Swans
09 – Afraid
10 – Local Girl
11 – Where Did I Leave That Fire
12 – Ragtime

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