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apr 17

Uross – L’amore è un precario

a cura di Christian Panzano

Il 23 dicembre di 3 anni fa uscì 29 febbraio (Lo squilibrista), album d’esordio, potremmo dire, degli Uross, difficile evidentemente da inaugurare. In realtà erano già alcuni anni, dal 2007 per la precisione, che questi ragazzi di Monopoli provavano a farsi notare auto producendosi 3 demo. Lo squilibrista fu un gioco a due velocità dove il rock wave americano si schiudeva al cantautorato e a interessanti sperimentazioni popolari (Sciarrabball, Godot). Un disco che nella fattispecie risentiva di un pizzico di ingenuità, ma scuoteva l’animo dal malumore giornaliero. A pochi anni di distanza da quel tutto sommato bell’inizio i ragazzi ci riprovano con L’amore è un precario. Si inizia con un gran giro di chitarra e un altro lento di sottofondo che scremano questo Chiedi alla polvere. L’attacco di batteria è tagliente come la lama di un coltello e preciso come un orologio svizzero, ma la canzone scivola via in un finale di hammond e chitarra un po’ sotto traccia. Ego scopre l’animo country rock con slide che vibrano bene sulle corde e armonici nei punti giusti del percorso e il cantato dimostra una certa dimestichezza. Proprio un bel pezzo. Per Noir si consiglia di ascoltare bene il giro di basso di Andrea Acquaviva che rischia seriamente di essere coinvolgente. Claustrofobikronico è U2, sulla retta via di Joshua tree poco dopo aver perduto il loro sacro fuoco indimenticabile, e un po’ dispiace perchè si cade nel clichè di Squilibrista. Bello invece il suono circolare e la voce in Cane vagabondo. Sto così scomodo che resto è pop, di quelli più belli. Mi vengono in mente i Granturismo o i Lava lava love, tanto per citare uscite recenti e per chi ama il passato citerei un grande come Ivan Graziani. Perfetto il duetto tra Angela Esmeralda e lo stesso Uross con l’intervento d’archi di Carletto Petrosillo a scompaginare le inqietudini. Francamente avrei evitato la cover di Ma il cielo è sempre più blu: se c’era da dimostrare una vena cantautorale non vedo perchè farlo con una cover e poi basta poco perchè arrivi BuSineSS a dimostrare quella vena, con quei riff rock blues bellissimi. In Flusso d’incoscienza ritorniamo sulle stesse linee melodiche tra basso, batteria e chitarra sempre cupa e in variabile miscela sul crinale. Al mio funerale si riallaccia a quel blues wave che fa venire in mente il Mellencamp maturo, ma si pecca anche qui di grossolanità. Ad esempio la chitarra che nei pezzi precedenti è sempre amalgamata col resto del mood ora che dovrebbe essere protagonista rimane incastrata nelle retrovie in bella compagnia della batteria. Rimane comunque una bella vergata di doom popolare. La chiusa di Lontano, che sa ancora una volta di U2, non centra il bersaglio perchè l’elettrica poteva tranquillamente essere evitata ottenendo un pezzo da favola. Magari è solo questione di lana caprina. Sta di fatto che questo L’amore è un precario rende ancora precario il comune sentire di questi Uross attestandoli al secondo giro di prova, con tratti di interessante pop rock semplice e senza attributi suppletivi, ma con gentile resa finale che a volte lascia il tempo che trova. Vedrete che il terzo album sarà quello giusto.

Anno: 2013
Label: Autoprodotto (Uross e Andrea Brunelli)

Tracklist

1.Chiedi alla polvere
2.Ego
3.Noir
4.claustrofobikronico
5.Cane vagabondo
6.Sto così scomodo che resto
7.Ma il cielo è sempre più blu
8.BuSineSS
9.Flusso d’incoscienza
10.Al mio funerale
11.Lontano

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