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gen 31

Live in Itali

Med in Itali

a cura di Christian Panzano

I Med in Itali, sono un gruppo spassosissimo proveniente da Torino, una live band d’eccezione. Una di quelle cricche che andresti a vedere anche se sei un fanatico del metal più estremo. Basta informarsi in giro e capire quanto siano bravi, quanto sappiano suonare egregiamente e sul palco, oltre a divertirsi, sanno far divertire chi li va a sentire. Presentano già da qualche mese in giro per l’Italia la loro ultima fatica discografica, Coltivare piante grasse. È, a tutti gli effetti il loro primo e vero album, dopo due EP di partenza niente male. Con quest’album, pubblicato a settembre dell’anno scorso da Libellula label, la band raggiunge una certa maturità stilistica e compositiva. Abbiamo pensato bene di scambiare due chiacchiere con Niccolò Maffei, detto Nick, voce e chitarra del gruppo:

  • Premettendo che l’ascolto dell’album diventa interessante ogni volta perchè emergono le vostre radici musicali, un po’ sparse, un po’ contaminate, direi che Coltivare piante grasse è un disco folk in cui la prosa urbana dei testi viene accompagnata elegantemente dal jazz in tutte le sue comparazioni, dal funk al free al jazz manouche. Esperienze non nuove, a quanto leggo e sento, per chi vi conosce, ora condensate in un 11 tracce che sono un punto d’arrivo, ma anche un nuovo e più sincero inizio, non trovi?

Grazie per la bellissima premessa e della definizione, calza a pennello. E’ vero, Coltivare piante grasse, è sicuramente un punto di inizio per molti aspetti: da una parte, essendo il nostro disco d’esordio, è una sorta di debutto in società, una prima esperienza nel mondo musicale. Oltre questo è stata la prima lunga esperienza in studio di registrazione con la supervisione di un direttore artistico, Josh Sanfelici, che ci aiutasse laddove noi non avevamo ancora una precisa idea.

  • Avete sia nelle armonie che nei timbri vocali un non so che di tzigano, basta sentire un pezzo come Senso che si trova in Bruco o proprio la title track del vostro ultimo lavoro. Un qualcosa che vagamente mi ricorda Django Reinhardt soprattutto in qualche a solo di chitarra.

La musica zigana ci ha sempre attratto, io in primis ho studiato per qualche tempo qualche brano e la tecnica di Django Reinhardt alla chitarra, ma non ho mai avuto il tempo di approfondire come avrei voluto. Sono felice che emerga qua e là qualche accenno.

  • Direi che è difficile classificarvi come un gruppo italiano. O meglio rubate al cantautorato e al rock italico, quanto ad altri filoni tematici afro americani, gemme condensate di musica e fiori che il tempo ha fatto maturare in storia e generi. Quanto influisce Torino o le vicende del nostro paese, in quello che scrivete e suonate ?

L’obiettivo che ci poniamo nella composizione delle nostre canzoni è quello di rimanere il più possibile “indipendenti”, che siano etichette o generi. Così come la musica zigana di cui parlavamo poc’anzi, le influenze alla fine emergono in maniera quasi inconscia e spontanea, come se fossero la conseguenza di un ascolto prolungato. Torino forse influisce sulla nostra musica per le atmosfere e in quanto città in cui viviamo, ma non si può dire che siamo legati a qualche filone musicale in particolare.

  • Siete stati a gironzolare per Dublino non so per quanto tempo, a fare gli artisti di strada, raccontami un po’ come è stato e cosa vi è rimasto di quell’esperienza.

Quella di Dublino è stata l’esperienza che ha dato vita al progetto Med In Itali. Volevamo trascorrere le vacanze estive suonando, così sapendo che l’Irlanda aveva una tradizione di musica di strada abbastanza consolidata, siamo partiti con una batteria giocattolo, una chitarra e un basso acustico e un repertorio di una trentina di canzoni. Insomma abbiamo passato un mesetto per le strade irlandesi facendo a pugni con la pioggia a intermittenza e pagandoci le birre con i soldi guadagnati suonando.

  • Sono curioso di sapere come è nato il progetto Med in itali o anche se avete progetti paralleli e poi come è stato giungere in scuderia Libellula

Dopo l’esperienza irlandese non ci siamo fermati, abbiamo iniziato a lavorare per incidere il primo EP dal titolo Soluzione, seguito poi da Bruco. Nel frattempo abbiamo fatto un tour in camper nel centro Italia suonando sempre per strada e abbiamo suonato per qualche matrimonio (grazie ai matrimoni abbiamo avuto la possibilità di comprarci l’impianto). Parallelamente ci iscrivevamo a tutti i concorsi che trovavamo, suonavamo nei locali torinesi e piemontesi. Con Libellula ci siamo incontrati quasi per caso in una serata al Diavolo Rosso in cui noi eravamo il gruppo di apertura della loro rassegna. Da lì è nato tutto e ora è da qualche anno che lavoriamo assieme e che ci segue.

  • Ritorniamo al vostro ultimo lavoro. Nel complesso si sente emergere una voglia intimista, certamente più serena nelle composizioni rispetto ai due EP precedenti, almeno questa è l’idea che mi sono fatto. Un po’ un modo felice di canalizzare esperienze passate in cui irrompevate con un po’ di tutto. Dal vivo invece siete trascinanti, emerge il vostro funky e siete molto circensi anche su pezzi acustici. So che questo spesso dipende dai live set, ma forse è anche lo specchio di una vostra doppia anima ?

Forse rispetto ai due precedenti lavori, si sente un po’ più di maturità e un equilibrio negli arrangiamenti che prima non avevamo. Di fatto la nostra musica nasce dal vivo, tutto ciò che è presente nel disco è stato tutto suonato e risuonato per migliaia di volte nella cantina che ci ospita da cinque anni almeno una volta a settimana. L’esperienza della strada è stata invece fondamentale per acquisire questo aspetto circense che ci caratterizza. Nel nostro live ci sono quindi momenti molto divertenti che si alternano ad altri più riflessivi e intimisti, è un concerto molto vario.

  • Siete un gruppo indipendente che macina concerti. Quanto è ancora valido, nell’era del download gratuito o meno, questo canale per farsi conoscere. Soprattutto nei circuiti indie?

L’idea che ci siamo fatti è che in questo momento la dimensione dal vivo è sicuramente il canale più potente, soprattutto per una band del nostro calibro. Per quanto il web sia un veicolo indispensabile a livello promozionale, di fatto, se questo non viene messo in moto in qualche modo, fa fatica a decollare e rimane impalpabile (sei un ago in un pagliaio). Il concerto è uno stimolo, da il via al passaparola che è il mezzo più efficace, dà il via al processo virale che porta poi a rendere un progetto conosciuto o meno.

  • Dimmi la verità, quanto vi divertite quando suonate in pubblico e cosa c’è di diverso rispetto alle registrazioni in studio?

Ci diverte un mondo, altrimenti non lo faremmo. La nostra esperienza in studio è limitata alla registrazione del disco, tutta la sperimentazione e la costruzione dei pezzi avviene nella nostra cantina che è una sorta di palestra, ma a dir la verità anche una via di fuga e uno sfogo da tutto ciò che ci circonda. Tra i due l’esperienza dal vivo è sicuramente più adrenalinica, e nel nostro caso una continua improvvisazione, il che rende tutto ancora più divertente perché non diventa mai routine. Siamo convinti che se vuoi emozionare e divertire, tu stesso che sei sul palco devi essere emozionato e divertirti.

  • Musicista precario secondo me è la traccia più interessante e multiforme del disco. Musicalmente è affascinante perchè le corde e la ritmica si snodano fra tappeti sonori reggae e linee pop su cui interviene il sax che è puro free jazz, bravo Amedeo ma bravi voi direi, che lavorate come un piccolo ensemble coeso, preciso nei tempi, molto affiatato. Avete intenzione di allargare la famiglia in futuro ?

Grazie, Musicista precario è una canzone a cui teniamo molto. Allargare l’organico è un progetto su cui stiamo già lavorando, qui a Torino abbiamo collaborato in alcune occasioni con un violoncellista e un trombettista e non escludiamo che in un prossimo futuro riusciremo a inserirli definitivamente in formazione. Purtroppo però per il momento sulla Punto non riusciamo a farli stare.

  • Svanita paura è un pezzo che riproponete sempre. Che significato ha avuto questo brano per voi ?

Mi sembra sia la prima canzone che abbiamo scritto, ma in realtà non è stata una cosa studiata quella di inserirla in ogni disco che abbiamo fatto, semplicemente suonandola e risuonandola, ogni volta usciva un arrangiamento diverso che ci piaceva e che volevamo proporre. Potrebbe effettivamente diventare una nostra firma in ogni disco.

  • Che cosa vi ripromettete per quest’anno, quali obiettivi imminenti avete ?

Gli obiettivi sono quelli di suonare il più possibile e di far arrivare la nostra musica ad un pubblico sempre più ampio naturalmente. Nel frattempo stiamo già lavorando al nuovo disco e mettendo insieme qualche idea. L’importante è non fermarsi mai e per il momento ci stiamo riuscendo!

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