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lug 05

Broken Water – Tempest

Affogati in un mare di caldo che squaglia le vene ed il cervello, ustionati da un sole malato e con le membra intorpidite dall’arsura, cos’è che il vostro corpo desidera più di tutto al mondo? Un sorso d’acqua, possibilmente ghiacciata od almeno fredda. Poco importa che sia rotta od intatta, ma se questo genere di domande può stuzzicare la vostra imbevibile curiosità, ecco a voi i Broken Water da Olympia, Washington, città che ha ospitato ben altri e più famosi personaggi del mondo musicale contemporaneo. Kanako Pooknyw e Jon Hanna ci avevano già provato qualche anno fa con una band a nome Sisters, ma con l’ingresso in formazione di Abigail Ingram al basso le acque si sono rotte e sono diventate più tumultuose: Tempest è infatti un gioiello di disco che non si cura minimamente di nascondere le più svariate influenze e che piacerà di certo ai nostalgici degli anni ’90 intesi in senso rudimentalmente sonoro e casinista. Senza alcun bisogno di intro, i Broken Water vi imbarcano immediatamente negli spazi angusti ed angolari di Drown, facendo immediatamente ribaltare la barchetta sulla quale navigate ed affogandovi in un mare di distorsioni post punk sublimi. L’elettricità la fa da padrona con fulmini e saette che inceneriscono sul posto i malcapitati spiaggianti, che non possono fare altro che rifugiarsi verso il centro città: Coming Down palesa immediatamente che il territorio in cui ci troviamo è stato segnato già dalla Gioventù Sonica che non si è dimenticata di fare un po’ di acquetta anche da queste parti. I frutti che ne escono sono comunque degni di ammirazione, come dimostra la notevole progressione finale. L’alternarsi alla parte vocale di Kanako e Jon dona una certa imprevedibilità alla composizione, con Orange Blossom Stains che scivola via senza attrito, dimostrando come furia sonora e facilità di arrangiamento possono andare d’amore e d’accordo. Yanka Dyagileva vi istruisce su come sia possibile impennare con la chitarra alla stregua di una motocicletta qualsiasi, con una foga ed una determinazione trascinanti fino allo stacco finale.
Suonare come i Sonic Youth ed essere solo in tre: per la divina Underground non abbiamo veramente bisogno di aggiungere altro, se non l’aumento di volume (di fuoco) che sorprendentemente si alza verso le fine. Il rumore esponenziale suggerisce un paragone forse un po’ azzardato ma che avanziamo con tutte le cautele del caso, visto che dall’altra parte degli States gli A Place to Bury Strangers raggiungono gli stessi risultati con percorsi solo leggermente differenti. La seconda parte del disco si lascia cullare dolcemente da un refrain parzialmente shoegaze che riflette nell’acqua ormai torbida gli spettri di gente come My Bloody Valentine, ma che a noi sembra veramente figlio di una cattiva luna crescente. Threat to connect starebbe benissimo in Bad Moon Rising, e Paranoid prosegue fino in fondo il cammino dentro campi pieni di spaventapasseri già spaventati di loro. Le corde iniziano a farsi più metalliche ma il suono si addolcisce in ballate notturne che sciolgono anche i marmi: River under the water è magistralmente fluida e scorre placida anche nei tratti più tumultuosi ed elettrici, stretta tra le sponde e gli argini piazzati nei punti giusti per non farla straripare. Alla foce, l’incontro conclusivo con il mare è da applausi. Così come da applausi convinti è Chantal Seder, magnetica ed ondulatoria, sussurrata più che cantata, irresistibile e trasognata come pochi pezzi ascoltati quest’anno dal sottoscritto. Non mancano alcune importanti incrostazioni grunge, che ci dicono ancora di più sulle sorgenti da cui sgorgano i Broken Water e che diventano evidenti nell’epilogo di When You Said: dalle corde pizzicate in acustico ai riffoni metallici il passo è breve, così come immaginiamo sia breve il tragitto che separa fisicamente i tre dalla casa che fu del biondino che suonava nei Nirvana o dagli uffici della K Records. Anche se loro hanno puntato sulla Hardly Art, che, come abbiamo già detto, si trova tra le mani un gioiello, seriamente indiziato come disco dell’anno.

Label: Hardly Art
Anno: 2012
Tracklist

1.    Drown
2.    Coming Down
3.    Orange Blossom Stains
4.    Yanka Dyagileva
5.    Undergorund
6.    Threat to connect
7.    Paranoid
8.    River Under the Water
9.    Chantal Seder
10.    When You Said

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