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mar 13

Marco Ligabue e gli orizzonti dei Rio


Capita raramente di avere l’opportunità di intervistare un’ artista senza pressioni di tempo al di fuori di un suo live o showcase. Capita ancora più raramente di intervistarlo senza gli obblighi di promozione verso il suo ultimo album, tour o evento.
Ho avuto invece l’opportunità, quasi casuale, di colloquiare in libertà con Marco Ligabue dei Rio (squisito conversatore!), presso il loro studio di Correggio, a tour quasi ultimato, con l’ultimo disco, Mediterraneo, uscito l’estate scorsa e con davanti libertà, un pò di relax e forse un pò di Messico.

  • Sono appena passati 10 anni dal primo nucleo dei Rio. Cos’é cambiato?

Eh dieci anni oggi sono davvero tanti. Soprattutto, rispetto a dieci anni fa, con l’avvento delle nuove tecnologie di comunicazione, internet e telefonini, c’é stato un tale cambio e aumento della velocità di divulgazione dei contenuti, della loro quantità e della loro fruizione , che han fatto cambiare un bel po’ di cose attorno a noi. Per fare un esempio: internet dieci anni fa era usato solo per avere un sito vetrina e magari una newsletter per i più esperti, quindi la comunicazione era prevalentemente a senso unico verso l’utente, oggi invece i social permettono una comunicazione bidirezionale fra la band e l’utente ed in più hanno portato le “masse” sul web mentre prima era più di nicchia; i canali più importanti erano le radio, le tv ed i giornali, mentre ora il web se la gioca alla pari e per le nuove generazioni probabilmente ha quasi soppiantato questi canali.
Tornando a noi, in dieci anni siamo cambiati parecchio; perché appunto ti cambia il mondo attorno, le situazioni, le fidanzate! La cosa bella é che noi abbiamo sempre cercato di crescere. Che fosse a livello personale, a livello di gruppo o livello artistico, abbiamo sempre cercato di farlo tutti insieme Devo dirti che forse gli ultimi anni sono stati quelli più decisivi grazie a particolari esperienze: come quando ci siamo trovati ad andare ad Auschwitz, all’Europarlamento, all’Aquila dopo il terremoto, Londra, Brasile…alcune di queste sono state esperienze molto forti che se hai voglia di viverle ed imparare ti formano come persona, ti cambiano prospettive. Come l’esser stati in visita ad Auschwitz coi 700 studenti del treno della memoria: mi ha cambiato in meglio la vita. Rimanere in quel campo di concentramento 3 giorni e capire che storie e drammi ci sono stati ti fa guardare con occhio totalmente diverso le piccole difficoltà di ogni giorno, e ti fa prendere con sana leggerezza, o almeno con un peso più giusto, alcuni fatti o esperienze che prima ti sembravano problemi.
Tutte queste emozioni ovviamente poi entrano nelle canzoni, facendoci cambiare.
A livello sonoro siamo un po’ un gruppo impazzito… Mi fa un po’ ridere quando qualcuno dice che abbiamo uno stile molto preciso mentre qualcun’ altro che cambiamo genere da una canzone all’altra…é tutto soggettivo! La cosa certa é che siamo quattro persone con gusti molto diversi ma con due o tre cose in comune: la passione per il Messico, un certo tipo di rock come Red Hot Chili Peppers e U2, ma per altre siamo diversissimi: a chi piace il metal e chi proprio non lo può ascoltare, a chi piace moltissimo l’elettronica e chi proprio non la sopporta. Quindi anche visioni estreme che convivono
Questo fa si che a volte si prendano direzioni diverse nell’album, così nello stesso disco puoi trovare una classica ballad italiana, un pezzo, come Gioia Nel Cuore, nell’ultimo disco, che si rifà quasi al mento reggae jamaicano ed un pezzo punk. Questo anche perché seguiamo le canzoni. In Gioia Nel Cuore volevamo trasparisse leggerezza e quindi ci veniva spontaneo un arrangiamento quasi reggae, se invece sentiamo che un pezzo deve avere delle pulsazioni più decise ecco che scivoliamo nel punk, senza farci imbrigliare eccessivamente nella quadratura di un arrangiamento di un preciso stile.

  • In fondo mi pare che si senta comunque una sorta di filo comune a tutti i pezzi che li lega e li amalgama..

Esatto, perché bassista, voce, chitarrista e batterista sono sempre gli stessi in tutti i brani, ed anche la mano compositiva, non facendo pezzi di altri, é sempre all’interno del gruppo. Chiaramente a differenza di altri gruppi o artisti che hanno, per loro gusto od esperienze, una visione un po’ più unica ed indirizzata, noi abbiamo una visione con orizzonti un po’ più vasti diciamo.

  • Mi é piaciuto quando hai parlato di una comunicazione a due vie, grazie ai social network, fra le band e il pubblico. Questo come modifica il vostro modo di porvi nei confronti degli ascoltatori? Poi sempre a proposito di questo, internet ha reso forse tutto un po’ più democratico: anche band underground possono avere, entro certi limiti, modo di farsi conoscere. Una band come la vostra, rivolta ad un pubblico un po’ più commerciale, mainstream, come agisce e si colloca in questo modello di comunicazione? É più ostico?

Quando ci sono dei cambiamenti portano sempre aspetti negativi e positivi, tutta sta nel come li affronti. Per noi il web é stato ed é una chiave per comunicare in maniera diversa quello che vogliamo fare. Questo aumento di interattività col pubblico ci permette di capire se quello che vogliamo comunicare viene percepito ed in caso cambiare un po’ rotta nel modo in cui divulgarlo, per far si che quello che vogliamo far provare alle persone che ci ascoltano sia effettivamente quello che avevamo in mente. É un mettersi in gioco!
Per quanto riguarda la comunicazione, a livello di strategie, é certamente cambiato molto ma non si sono stravolti i meccanismi. Il web é un canale che si é aggiunto in modo importante nei confronti degli altri, ma non li ha ancora sostituiti. Bisogna quindi agire, e questo é importante per band di ogni livello, su quanti più canali possibile, calibrando la comunicazione a seconda di questi.

  • In merito alla vostra direzione artistica, come nascono i vostri pezzi? Avete un produttore artistico? Si parlava di interattività, usate molto i feedback del pubblico?

Diciamo che all’inizio si, li usavamo. I pezzi nascevano un po’ in sala prove, poi li facevamo ascoltare al pubblico per capire cosa poteva piacere sia fra le canzoni che facevamo e sia all’interno dei singoli pezzi; perché quando parti magari hai tutto l’entusiasmo del caso ma la traiettoria non ti é ancora ben chiara e definita. Questa é stata una fase sperimentale iniziale, anche per i gusti diversi che ti dicevo prima: qualcuno vedeva più volentieri una direzione pop, qualcuno più rock o elettronica..poi col tempo siamo diventati davvero gruppo fino ad arrivare a produrci da soli gli ultimi due dischi, senza produttore artistico, proprio perché siamo arrivati ad una consapevolezza d’insieme diversa ed anche ad una metodologia: le canzoni le scriviamo ognuno a casa propria, solo testo e melodia, poi per concludere ed essere concreti ci prendiamo tre o quattro giorni di ritiri musicali, ad esempio per l’ultimo disco siamo andati qualche giorno a Moena nelle Dolomiti, qualche giorno nelle colline di Parma e ad Alghero in Sardegna, stacchiamo pc, telefono e ci isoliamo dal mondo; andiamo solo con chitarre, voci e un piccolo registratore per appuntare le idee. Da questi giorni usciamo con tredici o quattordici brani completi di melodia, testo, stesura, velocità e tonalità, in modo da arrivare in studio ed essere il più immediati possibile.

  • Prima hai parlato della visita ad Auschwitz. Siete molto impegnati nel sociale e anche nella tutela ambientale con Impatto Zero..

Si, é una delle caratteristiche che più sentiamo nostre e che più vogliamo comunicare: la sensibilità ecologica. É un “credo” che abbiamo tutti e quattro nelle nostre vite private e abbiamo quindi scelto di convogliarla nel gruppo Rio. Questo nasce nel 2009, con la scrittura del brano Il Gigante, un monito verso la fragilità del nostro pianeta. Dopo aver lanciato questo “sos” siamo partiti aderendo al progetto Impatto Zero: noi paghiamo una quota a LifeGate, in base ad un calcolo di quanta anidride carbonica emettiamo all’anno, e loro riforestano in modo da produrre un tot di ossigeno che compensi il nostro inquinamento. Abbiamo anche trovato un paio di compagni di viaggio importanti perché il gigante é stata cantata con Fiorella Mannoia, e l’introduzione é stata fatta da Paolo Rossi, contributi che hanno permesso alla canzone di acquisire spessore e anche popolarità. Poi ci siamo inventati, dove abbiamo le possibilità e le condizioni, alcune iniziative come la raccolta differenziata: nell’ultimo tour portavamo i bidoni coi nostri mezzi in modo che tutti i ragazzi che assistevano al concerto avevano la possibilità di differenziare i rifiuti; viaggiamo su mezzi ibridi; ed all’Alcatraz di Milano siamo riusciti a fare due belle iniziative: un Dj set con strumentazione alimentata da bici sulle quali pedalavano dei nostri fan, infatti se pedalavano piano si spegneva! L’altra cosa é stata creare una scenografia con materiale di riutilizzo, utilizzando vecchie cassette da frutta! E ti assicuro che il risultato era molto rock!

  • Brasile, Londra, Bruxelles, avete girato parecchio. Come cambia il vostro live, cantando in italiano, quando andate all’estero? Siete stati anche in Messico..la coronazione di un piccolo sogno..

Si in Messico siamo stati ospiti di una trasmissione di All Music dedicata alla musica di nazioni straniere e sapendo della nostra passione per il Messico ci hanno invitato. Sono stati dieci giorni bellissimi e infatti é stato un po’ il coronamento di un sogno… Proprio io e Fabio (voce dei Rio n.d.r.) ci siamo conosciuti ad un concerto di musica messicana, avendo in comune questa passione un po’ atipica e di nicchia, ed iniziammo a suonare proprio facendo quel tipo di musica! Quindi ritrovarsi dopo qualche anno là al fianco di veri Mariachi beh…é stato davvero fantastico.
In Brasile é stata invece la più grossa esperienza estera che abbiamo avuto a livello di date, ben dieci. Per quell’occasione abbiamo rivisitato la nostra scaletta perché ci siamo posti il problema che andare là praticamente da sconosciuti e cantando in italiano non fosse proprio il massimo per sfruttare l’occasione, magari sarebbe risultato carino, ma in un tipo di musica come la nostra é importante che ci sia l’intelligibilità del testo oltre che una base strumentale coinvolgente. Così abbiamo avuto l’ottimo guizzo di preparare anche due pezzi brasiliani, come vedi pochi, ma furono decisivi. Decisivi perché hanno stabilito un punto di contatto forte con le persone presenti ai concerti, ottenendo la loro attenzione e forse anche l’emotività. Questo si é visto perché siamo partiti da concerti con quaranta o cinquanta persone fino ad arrivare a duecento/trecento. é stato molto stimolante perché era come ripartire da zero, come appena formati.
Le altre esperienze sono state a Parigi, Londra, all’Europarlamento di Bruxelles, Romania, sul mar Nero a Bucarest; sono state tutte molto carine ma isolate a se. Quella dell’Europarlamento in particolare é stata però un bel timbro sui Rio perché siamo stati la prima band italiana a suonare al Parlamento Europeo!

  • Per quanto riguarda l’Italia ora rimane la prossima data di chiusura tour al Vox di Nonantola, poi cosa farete?

Abbiamo pensato, anche finalmente ti direi, di staccare un attimo. Negli ultimi due anni abbiamo veramente tirato tantissimo: 2 dischi, più di cento appuntamenti fra concerti e presentazioni; vogliamo sentirci liberi e senza scadenze di progetti, col piacere di gustarsi la fine di un progetto senza già scadenze sul successivo. Poi non é detto che fra due settimane ci ritroviamo già a provare e con la voglia di fare qualcosa di nuovo! Ma vogliamo farlo perché ci va, avere la possibilità di scegliere come e quando…

  • …magari tornate in Messico per una vacanzina..

Potrebbe proprio essere!

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