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feb 28

Esma – The Lost Atoms

a cura di Diego Amà

Eugenio Squarcia, in arte Esma si definisce un poliedrico artista: illustratore, grafico pubblicitario, autore di corti, per quanto riguarda la musica si autoinquadra nell’ambito dell’elettronica classica contemporanea di stampo minimalista. In questa presentazione ci sono già troppi termini che vanno oltre il mio personale spirito di concepire la musica, come arte globale senza troppe etichette e pippe mentali; ad ogni modo trovo interessante aprire la mente ad ogni tipo di esperienza (soprattutto nel mondo musicale), e quella che sto per fare recensendo questo album, sarà sicuramente una di quelle, una sfida con me stesso, un allargamento dei miei orizzonti. The Lost Atoms (titolo che l’artista stesso concepisce anche come The Last Atoms, creando una più o meno percepibile ambivalenza) è un concept album piuttosto astratto, da un certo punto di vista ancora non troppo maturo soprattutto per quanto riguarda alcune sonorità acerbe, chissà se volute appositamente così dallo stesso artista; è forse questo l’unico dubbio che solleva questo album al di là del titolo. Nel complesso è comunque un lavoro che suona, e suona bene in particolare per le strutture dei tredici brani che lo compongono. L’astrazione è un po’ il motivo portante di questo progetto, lo si capisce dal titolo dei brani, dalla descrizione che Squarcia allega, ma soprattutto dalla musica stessa: il primo impatto è quello di una lunga colonna sonora per un film che mescola fantascienza e realtà, mistero ed interrogativi sull’umana esistenza, inquietudine e vaghezza. Predomina una ciclicità di archi nella maggior parte dei pezzi, che a tratti appesantisce di una certa ridondanza l’intero lavoro ma d’altro canto gli dona questa sua ricercata aulicità, lo innalza sul piedistallo (forse a tratti ancora un po’ precario e traballante) di pre-capolavoro, che forse è il vero limite di Squarcia. Le fondamenta ci sono tutte, e si sentono soprattutto in brani come No place for love and dream at all e The Shell che suonano più come vere e proprie composizioni di musica classica contemporanea; ma gli inserti elettronici a tratti suonano un po’ forzati e ciclici impedendo il risalto della naturalezza di alcuni passaggi davvero suggestivi e ben eseguiti. L’idea alla quale voglio ancorarmi, perché penso che questo ragazzo sia davvero capace e che abbia delle buone potenzialità, sia quella di un voluto contrasto tra elementi classici (piano, archi) e suoni elettronici, tra strutture cicliche e ripetitive, ed armonie più libere ed evocative, tra una ricercata razionalità e una sedata spensieratezza. Un disco sul quale Lynch potrebbe tranquillamente appoggiare scene di suoi film (o anche farne alcuni remix, ora che pure lui si è buttato magistralmente anche nel mondo della musica), che potrebbe tranquillamente accompagnare un intero balletto di danza contemporanea, la colonna sonora per un reading di un libro di Baudelaire o di Asimov (questo sì che sarebbe un bel esperimento!). Consigliatissimo agli amanti di concetti bizzarri, di giri di parole filointellettualoidi pseudoconcrete ricche di semantiche più o meno vaghe come la frase che avete appena letto, apprezzabilissimo per altri artisti che cercano spunti per le loro opere (la suggestione cinematografica è davvero forte dal mio punto di vista), ma davvero piacevole anche per coloro i quali non disdegnano sprazzi di classica contemporanea (la conclusiva Approching the pneumatic void ne è un bell’esempio). Spero davvero di rivedere il nome di Squarcia come prossimo curatore delle colonne sonore di Fringe.

Label: La cantina appena sotto la vita
Anno: 2012

Tracklist

 

  1. Autarky of the water
  2. Where light is dim
  3. The white road
  4. Somewhere 6AM, featuring Jacques Lazzari
  5. To a child dancing in the wind, performed by Jacques Lazzari
  6. No place for love and dream at all
  7. Edge of reason and the age of prudence
  8. Xibalba (the central atom)
  9. The shell
  10. Two swans came flying up to him
  11. Like a storm in a bathtub
  12. A window on J’s heart
  13. Approaching of the pneumatic void

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