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nov 26

Male Bonding @ Covo Club

Male Bonding

A cura di Federico Rasetti:

Non varcavo il cancellaccio del covo dall’anno passato, c’era la nebbia allora e c’é pure ora. Freddo. Cancellaccio, tessera, scale, ingresso, prima sala (gate 1), bar.
Solo piccolissimi cenni di restyle, una  scritta luminosa recante il logo del locale in un angolo, il bancone rifatto sullo stesso stile ed un proiettore laser al soffitto. Ottimo così, il covo é sempre il covo. Essenziale. Di qua é ancora un freddo cane.
Stasera  vanno in scena gli Inglesi Male Bonding (gate 2) supportati in apertura dagli Italianissimi Tiger! Shit! Tiger! Tiger!
Scalini, saletta azzurra con guardaroba, corridoio, cessi, sala con l’altro bar, gate 2.
Qui si stà decisamente meglio, ma non c’é tempo di pensarci, i Tiger attaccano appena metto piede in sala. Carichi.
Gli strumenti sono ben separati fra loro ed i frequenti riff della Jaguar, riverberati ed brillanti, caratterizzano il suono della band, il quale trova il suo ambiente naturale nella nera, spoglia e cruda sala concerti, che non avrà una gran bella acustica, ma rende sempre tutto così tremendamente garage e caldo.
Mentre una tizia continua a ripetermi che la bassista somiglia ad una sua compagna di classe e le ricorda Roberta dei Verdena (paragone totalmente inazzeccato, ma devo ancora assistere ad un live dove almeno una ragazza ,vedendo una bassista donna, manchi di fare il consueto parallelo), noto che il power trio tiene ottimamente il palco, sono energici e disinvolti, credibilissimi in lingua inglese, ed il loro post punk lo-fi, inizia a far muovere le teste del pubblico, ancora scarno, che apprezza convinto.
Proprio quando la mia vicina di pista decide, finalmente, di deviare le sue attenzioni dal mio orecchio sinistro al suo drink ecco che, in una scia di flanger a lunghissima ratio, i T!S!T!T! scendono dal palco.
L’inizio dei Male Bonding é fulminante.
Salgono insieme al tecnico nel cambio palco, il tempo di un accordo per verificare che tutto funzioni e via, senza un saluto, senza un’ ”entrata” in scena. Fulminanti.
Una parte di me temeva un approcio leggermente pop, nell’accezione negativa del termine, al live: se il primo album – Nothing Hurts – era un fendente tagliente, luccicante e lo-fi, il secondo – Endless Now – appena uscito, ha connotazioni leggermente più patinate, questa volta nell’ accezione positiva del termine. Già l’inizio e i primi secondi di live smentiscono quella parte di timori.
Finisce il primo pezzo – All things this way – e neanche una parola verso il pubblico, appena una manciata di secondi e subito via col secondo. Finisce il secondo, noise, appena un grazie, via col terzo. E così via. Ma non é spocchia, e altro che pop, é la frenesia e la corsa insita in tutti i lavori della band che in situazioni live emerge appieno. Canzoni che nascono e muiono spesso in meno di due minuti.
Il muro sonoro é compatto, essenziale e diretto. Robin Christian picchia come un dannato sulla batteria e specialmente sul rullo, il basso é incalzante e “tira avanti” i pezzi giusti, le chitarre elettroacustiche sputano vibrazioni acide e corpose; già, le chitarre: il trio di Dalston si presenta con un componente aggiuntivo, chitarra e cori, che piazza proprio in mezzo al palco.
Al lato destro John Webb (chitarra voce) e a sinistra Kevin (basso), dietro Robin alla (batteria).
Peccato per la voce di John, volutamente “dietro” rispetto agli strumenti, in stile garage, ma troppo  bassa a livello di mix: si perde una delle caratteristiche del gruppo di anteporre linee vocali molto melodiche e catchy, in contrasto col sonoro ritmico e distorto degli strumenti.
Anche la presenza scenica é essenziale e diretta: vestiti come appena usciti di casa per andare al market sotto casa, solo il berretto ed chiodo di pelle di John concedono una parvenza di stile, rimangono per tutto il concerto praticamente immobili, eccezion fatta per il bassista che fa fatica a trattenersi. Quest’attitudine minimalista non é però una pecca, anzi, appare molto sincera e diretta.  Musica. Senza fronzoli.
Le luci di palco ad incandescenza rosse, fisse, la sala nera e disadorna amplificano questo immobilismo ma anche l’impatto diretto ed emozionale della band, che riesce a calamitare l’attenzione dei presenti, ora molto aumentati. Peccato il problema volume voce, che rimane insoluto e fa rimanere lo spettacolo sospeso al limite della svolta emozionale e d’impatto, che sembrerebbe tranquillamente raggiungibile dalla band.
La scaletta procede incessante, le canzoni sono unite da noise, larsen, o totamente attaccate come Nothing Remains e Tame The Sun; sono rari gli stacchi veri e propri.
In Weird Feelings si concedono uno special strumentale in crescendo fra riverberi squillanti e passaggi sui tom prima di riprendere col caratteristico riff iperplettrato. Pausa respiro.
Manca ormai poco, ultimi frenetici pezzi ed i Male Bonding chiudono il concerto con un ponte strumentale. Applausi.
Pochi ringraziamenti e via in mezzo al pubblico, ma perché al covo per raggiungere il camerino non puoi evitare la pista.
Non si fermano in convenevoli, ovviamente. Essenziali.
Un live soddisfacente, piacevole, per l’attitudine semplice e pragmatica della band, per i suoni caldi, diretti, a volte graffianti, per l’esecuzione,ma che lascia una sensazione di disappunto per non aver superato quel limite di coinvolgimento che sembrava invece essere così vicino. Godot.
Esco dal gate 2, sala con l’altro bar, cessi, corridoio, saletta azzurra con guardaroba, scalini, gate 1.
Di là i Male Bonding avevano scaldato l’ambiente, qui fa ancora freddino.
Gate 1, ingresso, scale, cancellaccio, nebbia. Freddo cane.

Intervista ai Male Bonding in occasione del loro tour italiano: http://www.musiczoom.it/?p=3328

2 comments

1 ping

  1. Isa

    “Cancellaccio, tessera, scale, ingresso, prima sala (gate 1), bar.”
    Rende davvero l’dea del Covo!!! :D

  2. Closer

    Visti qui a Roma qualche settimana fa.
    Mi hanno riconciliato con la musica!

  1. Male Bonding, prova a prenderli » musicZoom

    [...] Live report della data al Covo di Bologna: http://www.musiczoom.it/?p=3283 [...]

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