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nov 16

Mastodon – The Hunter

Il dodicesimo ascolto dell’ultima fatica discografica degli statunitensi Mastodon mi conduce, inevitabilmente, ad esprimere un piccolo pensiero di circostanza, una piccola riflessione maturata all’ombra dell’incredibile Stargasm: ragazzi, se avete intenzione di formare una band (o se già l’avete) e volete dedicarvi, anima – corpo – sudore, al sacro verbo del metallo fate attenzione.
Prima di voi, e solo in questo decennio, ci sono stati i Tool, gli Ulver ed i Mastodon (per non parlare di quei bontemponi dei Rammstein), perciò, le cose sono due: o lasciate perdere e gettate la vostra chitarra nell’oasi ecologica più vicina a casa o vi mettete in testa di darvi seriamente da fare.
Non c’è più spazio per gli ennesimi Bring Me The Horizon, per i nuovi paraculi stile Bullet For My Valentine e per altre amenità simili.
Questo perché, dopo l’immenso Leviathan (2004), il meraviglioso Blood Mountains (2006) e l’altrettanto sensazionale Crack The Skye (pubblicato appena due anni fa), i Mastodon si confermano come la metal band più importante degli ultimi anni.
Nonostante un “leggero” cambio di rotta stilistico, già registrato prepotentemente nella penultima release (caratterizzata da una maggiore ariosità, una più attenta pulizia vocale e strutture compositive meno complesse) , la band di Atlanta confeziona l’ennesimo lavoro destinato a far scuola.
The Hunter si presenta all’ascoltatore come (forse) l’album più melodico (attenzione, prendete questa definizione con le pinze) del quartetto di Blood And Thunder, con una batteria più ovattata rispetto ai rullanti secchi ed algidi dell’era Crystal Skull, delle chitarre più nitide e meno psichedeliche del solito trademark Hinds/Kelliher ed un comparto lirico più avvolgente e morbido delle ugole raschiate di Jack Daniel’s già vista all’opera su Remission.
Non che questo possa inficiare la riuscita o meno del disco: The Hunter è un capolavoro, punto ed ogni altra parola potrebbe risultare inutile.
Black Tongue è l’opener ideale, diretta e cattiva, The Creature Lives è la southern ballad più sbronza che sia mai stata composta, mentre il trittico finale, Spectrelight / Bedazzled Fingernails / The Sparrow, è la più superba chiusura di un disco mai incisa da Roter Sand dei Rammstein, era LIFAD (scrivetela voi una canzone così, se ci riuscite).
Insomma, meno chiacchiere e più musica … ne vale la pena.


Tracklist

1. Black Tongue
2. Curl Of The Burl
3. Blasteroid
4. Stargasm
5. Octopus Has No Friends
6. All The Heavy Lifting
7. The Hunter
8. Dry Bone Valley
9. Thickening
10. Creature Lives
11. Spectrelight
12. Bedazzled Fingernails
13. The Sparrow

Etichetta: Warner Bros. Records
Anno: 2011
Genere: sludge metal / prog metal / heavy metal / miccette e raudi tipo C

1 commento

  1. Vittorio

    Grandi i Rammstein con i loro video!

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