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giu 18

Astro Festival @ Ferrara Sotto le Stelle – Ferrara 14/06/16

Populous - Foto di Sara Tosi

Populous – Foto di Sara Tosi

Inizia con un gran botto questa edizione di Ferrara Sotto le Stelle, che negli anni ci ha abituato a piccoli “minifestival nel macrofestival” (Bands Apart, La Tempesta Sotto le Stelle); il 2016 si apre con Astro, grazie alla collaborazione con roBot e Dna Dance Department, il meglio della musica elettronica sbarca a Ferrara.
Un pò in ritardo sulla tabella di marcia, arrivo nella ormai tradizionale cornice di piazza Castello, solo un bagarino che mi propone compravendita, alcuni crocchi di giovani si appropinquano all’ingresso, altri visto l’orario si nutrono nel tradizionale bar adiacente. Saluti occasionali, due chiacchere sui massimi sistemi, ritiro dell’accredito (e che bello quando l’addetta dopo anni si ricorda il mio cognome senza che io le dica niente!) e mi fiondo all’interno della piazza, ancora vuota perchè i primi artisti si esibiscono all’interno del cortile del Castello Estense.

Jolly Mare - foto di Sara Tosi

Jolly Mare – foto di Sara Tosi

Ad aprire la rassegna è il djset di Populous, artista che negli ultimi anni si è fatto strada nel panorama elettronico della penisola, e che già avevo avuto modo di sentire nella dimensione live proprio a Ferrara in un paio di occasioni; il suo djset si divincola tra cumbie elettroniche, ritmi caraibici, e ovviamente suoi brani (a chiudere proprio Quad Boogie con il featuring di Digi G’Alessio). La gioventù accorsa è già in movimento, ed è breve la sosta del cambio palco per allestire il live di Jolly Mare, altro gioiello in continua ascesa del nostro territorio. La sua musica è fresca, perfetta per il tramonto, un mix di eighties in chiave contemporanea; il trio ci regala tre quarti d’ora di prelibatezze che alternano cassa pompata ad assoli di tastiere, vocali sapientemente scratchati e sessioni di batteria trascinanti.

Floating Points - foto di Sara Tosi

Floating Points – foto di Sara Tosi

Sono questi gli ingredienti che contribuiscono a far danzare gli avventori, che cominciano ad aumentare tra le mura del Castello; la piccola folla si sparpaglia poco dopo per assistere al live di Floating Points, sul main stage della più capiente e ciottolosa piazza Castello. La formazione è ormai quella canonica del movimento indielettronico, ovvero batteria, basso, chitarra e tutto il resto (sintetizzatori, tastiere, voci, effetti); sullo sfondo, un telo circolare viene segnato da fasci di luce che creano figure regolari, linee e punti fluttuanti (non a caso), quasi come fosse uno spirografo laser, ipnotico per me e a guardarmi attorno, anche per gran parte di chi mi circonda. Mi era capitato di sentire alcuni lavori di Floating Points, senza riporgli però troppa attenzione, ma di fronte a questa performance live mi sembra di assistere ad un concerto dei Pink Floyd del futuro (tra l’altro, le iniziali dei due gruppi sono le stesse, ma invertite; coincidenze?): la struttura dei brani è un continuo crescendo, esplosioni di suoni che deflagrano addosso al pubblico che in alcune occasioni si muove e accenna ad ondeggiamenti a tempo, altre volte non sa come muoversi perchè non capisce che tempo stiano seguendo i brani. Sicuramente un concerto difficile quello del giovane Sam Shepherd (che scopro da wikipedia, essere pure un neuroscienziato… ed allora mi spiego tante cose sulla sua musica), non da tutti, ma perfettamente incastrato lungo il filo conduttore di questo festival.

Junior Boys - foto di Sara Tosi

Junior Boys – foto di Sara Tosi

Ci si risposta poi tutti di nuovo nel cortile del Castello (o meglio, non proprio tutti perchè la gente è aumentata, e la capienza è limitata) per assistere al live di Junior Boys, dove la dimensione ridotta della venue rende molto piacevole l’esperienza. Suono perfetto e ben pompato, groove elettronici che fanno muovere parecchio (soprattutto il brano a chiusura del live, del quale non ho purtroppo la competenza necessaria per citarne il titolo, e shazammare mi pareva proprio brutto), voce pulita di Sam, niente fronzoli, sound morbido e tarato al punto giusto da far ballare, canticchiare, senza eccedere mai. Ed è proprio questo “giusto mezzo” che non mi ha mai fatto sbilanciare su questo progetto (sarà che sono musicalmente più estremista), ma devo dire che nella formula dal vivo riescono personalmente a regalarmi qualche emozione in più rispetto ai loro dischi.

Caribou - foto di Sara Tosi

Caribou – foto di Sara Tosi

Abbastanza puntuali sulla tabella di marcia, di nuovo tutti fuori dal Castello per assistere al main act di Caribou; sul palco già tutto allestito, la band (sempre nella forma canonica, ma a questo giro raggruppata in spazi ristretti) inizia alla grande e coinvolge subito l’ormai numeroso pubblico accorso. Un intoppo ad un computer che viene sostituito subito dopo il brano di apertura, frena un po’ l’hype e forse genera anche qualche scontento nei componenti della band, che proseguono a volte un po’ incerti, come quando li sentii all’Estragon a Bologna qualche tempo fa, ma come in quel caso, è proprio l’errore e la “sporcizia”, l’imprecisione e l’imperfezione della dimensione live che mi affascina. Daniel è contento, si muove sorridente tra un brano e l’altro, saluta ed è felice di poter suonare al cospetto del Castello Estense, ed in effetti, non per essere di parte, ma la cornice di Ferrara Sotto le Stelle rimane davvero unica sia per gli artisti che per gli spettatori.

Four Tet - foto di Sara Tosi

Four Tet – foto di Sara Tosi

Si crea un divenire di magia, il concerto è un crescendo che dalle piccole imperfezioni inizia a tendere verso la massima precisione: la testimonianza arriva con la combo finale degli ultimi tre brani (Odessa, Can’t Do Without You, Sun) che probabilmente valgono l’intera cifra del biglietto. E’ giunta mezzanotte, come cantava Modugno, ma la gente è ancora presa benissimo e attende il djset di Four Tet; la cosa incredibile è che sono gli stessi componenti della band di Caribou (Daniel compreso), a smontare gli strumenti e a liberare il palco per far posto alla console di Kieran, che nel frattempo ne approfitta per smangiucchiare un tramezzino mentre chiacchera a lato palco con Sam: tutto questo è magnifico, e fa trasparire la grande umiltà di questi artisti, al punto che durante il djset, alcuni amici incontrati sul finale mi mostrano il selfie insieme appunto a Caribou e Four Tet, che precedentemente si aggiravano tra il pubblico durante il live di Floating Points. Il djset di chiusura è il giusto epilogo ad una serata memorabile: ritmiche in quattro quarti e giri ipnotici di synth si protraggono fino a tarda notte e quella che è quotidianamente la piazza ciottolosa ora è un grande dancefloor. Un “festival nel festival” che non delude le aspettative, che getta le basi per osare di più in una prossima eventuale futura edizione, ma che sicuramente è la giusta apertura di questa edizione di Ferrara Sotto le Stelle.

 

Grazie a Sara Tosi per le foto

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