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ago 18

Krake Festival Day 1+2

Krake Festival

Achtung! Achtung! Margiotta smette di essere un personaggio dei pezzi del buon Closer, gli ruba la penna e veste i panni dell’autore! Intollerabile ammutinamento! Succede a Berlino, casa spirituale di tutti quei musicisti che non tollerano l’umidità d’oltremanica ma intendono ugualmente parlare al resto d’Europa da un piedistallo che gli dia una certa credibilità.
Dovendo necessariamente operare una scelta fra la miriade di festival, eventi, flash-mob e gang-bang che avvengono spontaneamente dietro ogni vicolo della capitale del Brandeburgo, la nostra attenzione si posa sul Krake Festival, kermesse di musica elettronica d’avanguardia e sperimentale, giunto quest’anno alla seconda edizione e portato coraggiosamente avanti dal vulcanico collettivo Killekill, promoters & discografici berlinesi. Fico, no? Talmente fico che alla serata di apertura, nella location tres-chic del Volksbühne di Rosa Luxemburg Platz il giorno di ferragosto – che qui in Germania è sentito quanto il Corpus Domini a Kabul – non c’era nessuno. Certo, si è arrivati un po’ tardi, ma può essere questa una scusa nella città degli after più famosi d’Europa? Forse l’idea di dare il via al Festival di lunedì non è stata una grande mossa da parte di Killekill. In ogni caso, i cazzi sono miei perché Oval ce lo saremmo sentito con mucho gusto. Gli appuntamenti si fermano di martedì e riprendono il giorno dopo, al Berghain Kantine, dove il collettivo gioca in casa ed organizza una line-up tutta italiana che sa di Brancaleone.
Si entra – sempre sul tardino, peccato per Øe – quando alla console sta giusto per partire la performance (non si potrebbe chiamarla diversamente) di Maesia: un lungo crescendo ambient privato completamente di ritmo. Niente beat, niente bassline, solo il potente soffio di un lungo accordo iper-effettato, lo stesso che si pensa abbia dato origine all’universo. Solo con ancora più delay. Restiamo perplessi all’inizio, ma poi intuiamo le intenzioni della performance, ci rilassiamo con l’aiuto di un paio di pils (con una elle sola, mamma, tranquilla) entriamo nel mantra. Dopo l’applauso, cui l’artista risponde con un tenerissimo imbarazzo, c’è giusto il tempo di una sigaretta all’aperto che è già il momento di MDF, che porta nella sala un’invasione di glitch caotica e a tratti ultraviolenta. Beat sincopati, fuori griglia, a fuoco incrociato, che tutt’a un tratto si sincronizzavano su un pattern intelleggibile e venivano sviluppati in cavernosi ritmi dal sapore jungle. Efficace sia sul controller che sulla scena, coi suoi raptus sclerotici, MDF ci sconvolge per l’uso veramente creativo di rumori bianchi e per la dinamica caos-ordine-caos della sua musica. Con questa esibizione si concludeva la parte più “arty” della serata e all’ingresso sul palco dei Plaster, fin da subito si capisce che è arrivato il momento di sudare. Il duo si esprime con dei cadenzatissimi loop da catena di montaggio, martellanti come la techno di Amsterdam, robotici, tribali, estremamente dark. Urla isteriche si levano dal pubblico – visibilmente provato dagli esperimenti drone degli artisti precedenti –  che si libera dalle catene della decodifica mentale e riacquista l’uso di gambe e braccia. Godiamo anche noi. Le combinazioni di stanze ritmiche dei Plaster si alternano con sapienza a vibranti pause atmosferiche, dove la tensione però non si scioglie mai, grazie alla rielaborazione filtrata di pezzi di beat e improvvise staffilate noise che sgusciano dalle mani frementi del duo. Ogni volta che riparte il kick, il pubblico esplode. Nel frattempo il Kantine assume un aspetto sempre più caratteristico: nicotina, occhi vacui nei crani degli spettatori, caldo e la puzza della macchina del fumo. Quando i Plaster chiudono il loro MacBook usciamo a respirare un po’ d’aria dell’ex blocco sovietico. Saremmo soddisfatti già così, ma per i raver più coriacei c’è ancora spazio per lo sballo techno targato DaDub. Li seguiamo con fare snob dall’uscio del Kantine, con la testa già proiettata alla serata successiva, che promette fuochi pirotecnici con The Field e DJ Scotch Egg. I Plaster avevano segnato il climax, e la stanchezza delle escursioni della giornata si facevano sentire. Ci ritiriamo senza la presunzione di bocciare gli headliners, ma pur sempre convinti che troppi italiani (anche nel pubblico) alla lunga spaccano un po’ le palle. Domani tutti al Festaal di Kreuzberg, con la baionetta sulle carabine per gli incontri ravvicinati!

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