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lug 08

The Horrors – Skying

A volte mi domando come faccio ad aver dimenticato di avere più dimensioni spaziali. Il mio sguardo si sposta sempre di più in maniera orizzontale, mentre quando ero più piccolo mi piaceva spesso guardare verso l’alto. Avevo dimenticato la mia dimensione verticale e solo ultimamente sono riuscito a recuperarla. Ogni tanto guardare il cielo azzurro, limpido o scuro che sia può aiutarti a star meglio. Non sappiamo se questo sia anche lo scopo degli Horrors, giunti al terzo album proprio con Skying. In uscita lunedì prossimo 11 luglio per la XL Recordings, ma disponibile in anteprima sul sito della band. E naturalmente, da fan accaniti di Faris Badwan & soci ci siamo tuffati immediatamente nell’ascolto. Ed abbiamo tratto impressioni più che positive.
Dimenticati gli ardori e la furia dell’esordio, in cui erano claustrofobicamente intrappolati nella Strange House tra parassiti e squartatori, gli Horrors sembrano continuare a disegnare con la loro tavolozza di Primary Colours. Giungendo infine a creare un disco maturo, eccellente, completo in ogni suo aspetto e senza una nota fuori posto. Interamente autoprodotto. Con le linee di basso semplici ma essenziali di Rhys Webb (ci spiace ma per noi resterà sempre “gatto” Spider Webb, vedi le puntate precedenti), abbondante utilizzo di synth ed i testi sempre più efficaci di Badwan. Post punk con atmosfere estese, che incontra molto ben volentieri la wave. Dopo aver aperto ben gli occhi con Changing the rain, il disco affronta una degli incroci più pericolosi con You said. Capiterà spesso in Skying di sentire atmosfere più propriamente pop di quanto gli Horrors ci avessero mai abituato. Ed il risultato dobbiamo ammettere è eccellente. Provate a sentire Dive in più avanti e ditemi se non avrebbe i requisiti per far parte del repertorio dei Verve. O provate a sentire la trombetta finale in Wild Eyed solo per vedere l’effetto che fa. Ma vi è anche la ripresa dei temi cari alla band di Southend on sea come l’ossessività di I can see through you, solo che in questo caso l’ossessione è quasi liberatoria più che schizofrenica come tempo fa. Altrimenti non si canticchierebbe la la la la come se si facesse una passeggiata sul lungomare. Forse Enldess Blue è ancora più emblematica del nuovo spirito della band: partenza morbida e quasi svogliata, per poi affidarsi a giri di chitarre firmati da Joshua Hayward che suonano veramente borderline, come certi Sonic Youth di fine millennio. Ed il disco continua così senza alcuna sbavatura o distrazione di sorta. Con l’appuntamento con il rock molto glam di Monica Gems. Con il formidabile singolo Still Life, così carico di Ottalgia da debordare fuori dagli spartiti e dalle anime degli Horrors. Con la tastiera di Tom Cowan a volteggiare romanticamente sopra il pezzo. Con il solito richiamo al mare nel pezzo finale (Oceans burning fa paio con Sea within a Sea di Primary Colours). E con i gabbiani di Moving further away che volano verso l’orizzonte disegnando strane trame al tramonto. Il cielo, solo il cielo. Immobile, ed eterno. Gli altri passano, lui no. Perché infine, ciò che si muove sotto o sopra non è altro che un complemento accidentale o casuale, soggetto alle duri leggi del tempo e dello spazio.

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