«

»

giu 23

Vinicio Capossela @ Villa Adriana

Un’antica metafora vuole che nel temerario navigare gli uomini trovino virtù e conoscenza, e che là, sullo spaesante mare, cioè lontano dalla terraferma e dalle ferme leggi degli uomini, meglio comprendano la loro esistenza ed il loro destino.
(Marinai, Profeti E Balene)

È il 21 Giugno e da settimane, ormai, nonostante una pubblicizzazione praticamente inesistente, si è ben diffusa, nella provincia capitolina, la notizia che il Commodoro Vinicio Capossela sbarcherà, per un’incredibile odissea ciclopica, sul suolo dell’incantevole Villa Adriana, alle porte di Roma, costruita nel I secolo d.C. e da allora perduta in un gorgo senza tempo.
Armato di buone aspettative, del resto mai tradite dall’istrionico Mr. Mall, tanto fiato (vista la lunga camminata – in salita – che mi attende dall’ingresso del complesso archeologico sino alle Grandi Terme, ideale location per un capitombolo negli abissi) e buona birra, giungo – con svizzera puntualità – dinanzi al monumentale palcoscenico allestito per la vera e propria celebrazione di Marinai, Profeti E Balene, ultimo (doppio) capolavoro pubblicato dal nostro Ahab, per l’occasione capitano d’un Pequod costellato di gamelan, xilofoni, timpani, clarinetti, pianoforti, armonium ed ondioline, avvolto in uno spettrale (e mobile) ventre di balena.
La scaletta, dunque, non può che ripercorrere, nella sua interezza, tutte e diciannove le canzoni che compongono l’avventura marina del cantautore nato ad Hannover, scomponendone, però, l’ordine, nel tentativo, riuscito alla perfezione, d’instillare nei fortunati spettatori la suggestione d’una traversata negli oceani scombussolati della condizione umana.
Dalle aperture ariose del Grande Leviatano, passando, per la leggerezza de L’Oceano Oilalà, dunque, col passare dei minuti e con la comparsa in scena di ciclopi, meduse, polpi e guerrieri, si passa alla furia de I Fuochi Fatui, al dolore lancinante di Job, alla dolcezza de Le Pleiadi e de Le Sirene (strepitosa chiusura per un concerto altrettanto strepitoso).
Immancabile, nei “finali”, il richiamo ai grandi classici del repertorio caposseliano DOC: L’Uomo Vivo, Il Ballo di San Vito, Dalla Parte di Spessotto, Che Cossè L’Amor (ri – arrangiata, come presentata sull’EP La Nave Sta Arrivando, in medley con E La Barca Tornò Sola, di Ruccione/Fiorelli) e Medusa Cha Cha, oltre che l’omaggio, con Si È Spento Il Sole, ad “Adriano, il primo dei Celentani”.
Un applauso tutto speciale va in particolar modo ai suoi fidi compagni di viaggio, da Asso Stefana, per me il più promettente fra i giovani chitarristi italiani, all’Uomo Lupo Vincenzo Vasi, polistrumentista d’incredibile bravura, dal buon Glauco Zuppiroli, valente contrabbassista, fino a Francesco Arcuri, nuovo ingresso nella ciurma di Vinicio ed impegnato a suonare saz, santoor, concertina e sega musicale.
In conclusione?
Serata stupenda.

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato!

Puoi usare i seguenti tag HTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>