a cura di Melania Petri
Il 5 marzo 2013 è uscito il suo primo concept album, Ricomincio da qui. Quindici canzoni ispirate per buona parte alla letteratura del ‘900 (fa eccezione Folle che rimanda ai poeti dell’antica Grecia e della poesia romana). Un bel disco. Incontro Pignatiello al Bar Rosi del Pigneto a Roma.
Partiamo dal disco, un concept album da camera, intimistico.
Ricomincio da qui è un disco da camera confidenziale. I suoni e gli strumenti scelti fanno da contorno alle vicende dei personaggi, mentre è il pianoforte a scegliere la strada da percorrere sottobraccio alla voce.
Strane atmosfere fumose riempiono le tue canzoni, con whisky, tabacco invecchiato e donne. C’è molta Francia nel tuo album, e il rifacimento di ‘Parigi’ di Paolo Conte; cosa rappresenta per te la Francia?
La Francia di cui parlo è una specie di luogo mitico in cui ambientare le storie: Parigi è una sorta di albergo, un luogo di passaggio, una piazza in cui fermarsi per qualche istante, riprendere fiato, e ripartire verso un altrove indefinito. C’è anche molta Irpinia, ma i paesaggi hanno un valore “altro”, fanno da sfondo alle storie che vengono raccontate, storie che sono molto simili alle vicende che viviamo un po’ tutti.
Mi parleresti anche del tuo rapporto con Roma?
Roma la adoro, c’è più di un verso ispirato a queste strade, che è poi finito in queste canzoni, e ancor di più nelle poesie che sto scrivendo, e che, prima o poi, vedranno la luce; ma è un rapporto di amore e odio, una relazione sentimentale senza una sceneggiatura scritta. E la cosa, naturalmente, non mi dispiace affatto. E poi, quando ho bisogno di rilassarmi, vado in Irpinia: ci sono luoghi e case e amici che sono come un regalo del caso.
Come sono stati scelti i musicisti per questo lavoro?
C’è il piacere umano di stare insieme; con alcuni c’è un’amicizia e una stima reciproca che va oltre tutti i tecnicismi: ho sempre messo prima l’anima di chi suona, la tecnica viene dopo. In questo viaggio ‘clandestino’ oltre a Giuliano Valori al pianoforte, Pasquale Innarella al sax. (ha suonato tra i tanti con John Tchicai già collaboratore di John Coltrane, Vinicio Capossela, William Parker, Hamid Drake, Matthew Schipp, Butch Morris etc…, NdA) e Paolo Camerini (Nuove Tribù Zulu, Ardecore, etc..), si sono aggiunti Luigi Pistillo, Domenico Colicchio, Margherita Musto, una parte della Banda di Lacedonia, e molti altri musicisti. Era importante, per me, far nascere le canzoni in un ambiente intimo. E rilassato. E così è stato.
Un disco che sembra aver fatto già tanta strada, un disco che racconta l’Irpinia e la Francia, che racconta l’amore, l’assenza, che racconta la vita, una luna da inseguire e un giorno da lasciare. Un album da ascoltare quando si è soli di fronte agli incroci della vita, un viaggio in cui lasciarsi andare. Un’ultima domanda, a cosa stai lavorando?
Sto terminando un libro di poesie dal titolo ‘Niente Lettere D’Amore’, e, al contempo, sono già al lavoro per il prossimo Lp che tratterà un certo tipo di leggerezza: ‘La letteratura come funzione esistenziale, la ricerca della leggerezza come reazione al peso di vivere; Lucrezio credeva di cercare l’impassibilità epicurea, Ovidio la resurrezione in altre vite secondo Pitagora, Leopardi travolto dal peso del vivere, dà alla felicità irraggiungibile immagini di leggerezza: la voce di una donna che canta da una finestra, la trasparenza dell’aria e soprattutto la luna”.
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