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feb 25

Gallon Drunk + Mushy @ Init

Roma, 21 febbraio 2013. Come da sempre accade nella storia della musica, esistono band che nonostante riescano ad esprimere considerevoli livelli qualitativi e mirabili spasmi di creatività, spesso rimangono relegate a dei circuiti subculturali molto circoscritti. Questo è il caso dei Gallon Drunk, che, in un oscuro giovedì di febbraio, abbiamo avuto l’onore di ammirare nella cornice dell’Init. Sotto una pioggia debole e nell’oscurità dei vicoli che si annidano nella capitale ci avvicendiamo all’ingresso del noto locale dell’underground romano.

Mushy @ Init. Photo by Carlo Alberto Riolo

Appena entrati la special guest della serata ha da poco iniziato la sua esibizione. Mushy, di recente rientrata da un tour in Germania e Repubblica Ceca, ha rilasciato nello scorso mese di novembre il suo ultimo lavoro Breathless. La giovane artista, in compagnia di synth drum-machine e della sua voce, propone un sound smodatamente atmosferico. La sua musica è gelida ed austera, i gorgheggi eterei della voce vengono lasciati fluttuare lungo suggestive escursioni di registro; la musica segue un percorso lineare e limpido, alla struttura narrativa classica del rock contrappone un registro quasi contemplativo. Paesaggi surreali aleggiano nell’aria e basta poco per accorgersi che il suo universo è popolato di sogni. L’andatura dei suoi movimenti sul palco culla i suoi pensieri e noi, insieme a lei, ci affidiamo alla suggestione dell’insieme.

A conferma di ciò che si sosteneva alla testa dell’articolo, la sala concerti è quasi vuota, una trentina di persone all’appello.

Gallon Drunk @ Init. Photo by Carlo Alberto Riolo

Gli headliner stanno per conquistare lo spazio a loro disposizione; i Gallon Drunk vennero alla ribalta all’inizio degli anni 90, quando il grunge impazzava, con un sound del tutto diverso, quasi anacronistico che fondava le sue radici nel blues-rock più selvaggio. Basso, batteria, chitarra, organo, armonica, maracas e sax compongono il parco strumenti.  I Gallon Drunk sono in tour per promuovere il loro ultimo album The Road gets Darker from here dedicato al bassista della band scomparso un anno fa. L’efferata dissonanza chitarristica di James Johnston (che per molti anni ha suonato con Nick Cave and the Bad Seeds) si alterna ad assoli di armonica turpi e viscerali. Il primitivismo tribale caratterizza la ritmica di infuocati voodoo-billy, il canto licantropo evoca nevrosi ossessive, le convenzioni sonore del garage-rock vengono detonate da un’energia primordiale, un sax suonato fino allo spasimo erige armonie mutuate dal jazz, un organo catacombale manifesta il loro lato più acido, il tutto shakerato in una subdola drammaturgia lisergica e in contrappunti hawaiani. Il leader è completamente immerso in questo infuocato punk-blues, concede pose frementi e libidinose, dimenandosi da una parte all’altra del palco. Lo sparuto pubblico (e anche noi) assiste compiaciuto al travolgente e torrenziale spettacolo, nel mentre la band oltre ad inanellare pezzi dell’ultimo album esegue con rude possenza gli anthem della prima produzione tra i quali: Bedlam, Jake on the Make, Not Before Time, Arlington Road, Some Fool’s Mess, Just One More, Night Tide ecc.

Con somma pena per chi ha preferito fare altro quella sera, siamo stati testimoni di un live viscerale oltre che storico e che mai e poi mai MusicZoom avrebbe potuto tralasciare. Grazie all’Init per averceli proposti.

Un ringraziamento all’ottimo Carlo Alberto Riolo per le sue fotografie.

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