«

»

giu 06

Monotonix – Not Yet

Not Yet. Come dicevano Bud spencer e Terence Hill ad Altrimenti ci arrabbiamo durante la rissa in palestra al capo dei cattivi. Ancora no, ancora no, ancora no. Ora sì, perché è notizia di poco tempo fa che i Monotonix hanno sbandato, nel senso che non ci sono più. Ma prima di sciogliersi Ami Shalev, Yonatan Gat ed Haggai Fershtman ci hanno lasciato in eredità appunto Not Yet, come se presentissero l’imminente fine. Uscito quest’anno per la Drag City, fatto di suoni, rumori, furie più tipiche dello stato di Washington durante gli anni ’90 che non dei sobborghi di Tel Aviv del nuovo millennio. Silvia me li consigliò vivamente dopo averli visti dal vivo qualche anno fa, live infuocati, coinvolgimento massimo e cose così. Ma il mio disordine mentale non mi permise di avvicinarmi troppo ai Monotonix. Per cui recupero fuori tempo massimo e mi merito la domanda che il gruppo di sicuro avrà rivolto al sottoscritto quando ha pubblicato il primo album: Where were you when it happened? (sempre Drag City ma 2009). Non lo so. Ma chiedo scusa e passo subito all’ascolto.
10 tracce, registrate a Chicago. Ed appena nomini Chicago a chi pensi? A Steve Albini, che naturalmente non può mancare ad una produzione che i più definiscono sano garage rock. Forse ci può stare all’ascolto di Nasty Fancy, ma anche dalla traccia iniziale a me sorge un dubbio. Mò non è che qualsiasi gruppo che ha attacchi così deve sempre essere etichettato come garage. Anzi, il cantato di Ami ha un non so che di conosciuto e familiare, che mi ricorda la parte iniziale della mia adolescenza, così come i falsi finali e gli attacchi improvvisi. Anche perché molto spesso non è cantato, ma urlato (Everything that I see). Se ci pensate bene sembra un calco delle evoluzioni sonore di Mark Arm e dei suoi Mudhoney, come il resto dell’impostazione low-fi sembra confermare. E d’altronde suonare con i Dinosaur Jr. comporta questi effetti collaterali. Before I pass away è il singolone di successo, da suonare obbligatoriamente a tutti i party a cui siete invitati, ma la mia traccia preferita resta sicuramente Late Night, magmatica e sorprendente fin dai suoi esordi, e che si dipana sequenzialmente facendoti entrare in un modo che non pensavi i Monotonix potessero creare. Anche gli attacchi di chitarra più feroci (Blind Again e la sorprendente Fun Fun Fun) suonano superfuzz (bigmuff) ma con una genuinità molto spesso non riscontrabile. Parola d’ordine: velocità (Give Me More o You and Me) o velocittà, vale a dire velocità nelle aree urbane per un gruppo che spinge spesso sul pedale dell’acceleratore. Con sempre ottime soluzioni alle sei corde come dimostra Try Try Try, repentina a strisciante prima dell’apertura, nevrotica ed ossessiva. Insomma, più li ascolto, più mi dispiace che non ci siano più. E soprattutto mi fa rosicare non essere andato a vederli quando ne ho avuto la possibilità. Scusa Silvia, la prossima volta sei autorizzata a tirarmi dalle orecchie.

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato!

Puoi usare i seguenti tag HTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>