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ott 27

Confusional Quartet – Confusional Quartet

Dopo trent’anni di silenzio, torna il rumore del quartetto che ha sempre fatto dell’eclettismo il suo biglietto da visita: questo lasso di tempo non ha di certo turbato la freschezza con la quale si sono fatti baluardo di un genere non etichettabile (e il sottoscritto in questi generi-che-non-sono generi ci sguazza che è una bellezza), ed appunto anche questo periodo di pausa fa parte del loro essere. I quattro bolognesi tornano su etichetta Hell Yeah!, manifesto anch’esso del non-genere, del non sentirsi vincolati a filoni musicali ed ondate modaiole, che si divincola tra produzioni technoidi, a sguardi nel futuro come l’ultimo album di Dyno, alla consacrazione dei Crimea X, alle sfumature jazzistiche in chiave dance-contemporanea del 3io. L’ultimo tassello è appunto questo Confusional Quartet che esce in cd ed in vinilazzo pesante da 180gr per i veri cultori; la grafica è stata curata dall’alieno e “reazionario in mutande” Andrea Amaducci, artista ferrarese che già da un po’ sta collaborando con l’etichetta di Marco “Peedoo” Gallerani.
E’ un territorio sonoro davvero scosceso quello di Bertoni, Serotti, Ardito e Cuoghi e ci vuole una jeep con gli ammortizzatori buoni per percorrere il tragitto di 37 minuti e 40 secondi che va da Futurefunk a Newnewwave. La partenza è subito in quarta: per il brano d’apertura (l’unico non-strumentale con inserti vocali d’ispirazione decisamente futurista) il quartetto s’è avvalso della collaborazione dell’estroverso Sir Bob Cornelius Rifo, mr Bloody Beetroots tanto per intenderci. Ne scaturisce una miscela contemporanea e allo stesso tempo squisitamente retrò; un brano energico e facilmente memorizzabile per quel suo giro di synth e per la struttura ben equilibrata è forse il brano che più si avvicina alla forma canzone. Tessuti leggermente più pesanti per la successiva Kursaal, esercizio stilisico ben riuscito ed in un certo senso manifesto della musica dei quattro bolognesi; potenza sonora dettata da una marcia di ritmiche decise ed un rincorrersi di quel synth che sembra quasi un marchio di fabbrica e chitarre schizofreniche. Il mood si quieta leggermente con Cani alla menta, un brano cabarettistico che spiazza un po’ l’ascoltatore sprovveduto ma non meraviglia quello attento; l’alternarsi di piano e chitarra su incastri profondamente più decisi a livello ritmico rendono squisitamente interessante questo brano dal titolo improbabile. Della stessa durata è il successivo One nanosecond in Tunisia che ha un incipit ritmico davvero trascinante, per trasformarsi poi in un’overture che rimanda con la mente ad una colonna sonora di qualche b-movie poliziesco anni ’80 ambientato a Cartagine. Parte più in sordina Verme, che fonda la sua struttura sulla fusione tra una marcetta di basso e batteria e un synth 8bit che apre la mente alla possibile corsa di un invertebrato tra prati e giardini. Decisamente più aulica è Ritmo speed, futuristico concatenarsi di tutti gli strumenti a disposizione del quartetto, con chitarre epiche e stacchi ritmici che non lasciano respiro. Gioiosa e frizzante, Forza dell’abitudine si snoda su quei semplici giri di note che ti si piantano in testa e sono il perno sul quale i Confusional fanno girare tutto il resto delle loro canzoni; si parte infatti da quel motivetto per poi costruirci sopra divagazioni, esperimenti, strutture che ti spiazzano e ti sembrano sempre diverse ogni volta che riascolti l’album. Sensonsan non è di certo da meno; ritmiche decise ed un simpatico botta e risposta tra chitarra e synth, discussione che trova punti in comune in alcuni momenti del brano quando anche la batteria ci si mette in mezzo. Amaricante è sorridente, è un twist moderno dal quale non ci si può sottrarre, il movimento del piedino e della testa viene naturale, e quando il brano finisce si continua a canticchiare il motivetto. Orazio si impone subito dopo nelle orecchie dell’ascoltatore, cerca il suo spazio, la sua dignità, alternando momenti più sussurrati ad altri più decisi, con evoluzioni finali davvero curiose ed inaspettate. Il viaggio finisce con una sorta di manifesto: Newnewwave è il congedo dei Confusional, una chiusura che mette i puntini sulle i, un brano davvero magnifico che mette in evidenza quanto questo gruppo abbia ancora da dire e da far ascoltare alle nuove generazioni, quanto ci sia ancora da imparare e soprattutto quanta energia scaturisca da questo sottobosco di suoni semplici ma perfettamente incastrati l’uno con l’altro. Come già accennato, è davvero un album che sembra sempre nuovo ascolto dopo ascolto, dove la durata dei brani ben equilibrata rende il tutto davvero piacevole senza mai avere momenti di pesantezza; i “motivetti” di quel synth che ti rimane in testa anche dopo ore dall’ascolto rendono tutto molto frizzante e tengono alta l’attenzione di chi ascolta, le ritmiche lasciano davvero il segno e tutto il resto vien da sé. Penso che da non conoscitore dei precedenti lavori, questo album faccia davvero venir voglia di scoprire questo territorio scosceso e appunto confuso, che se proprio dobbiamo sforzarci di definirlo si divincola tra jazz e new wave, ma che si espande ad altre sfumature. Davvero difficile incasellare, etichettare e soprattutto descrivere le sensazioni che si provano all’ascolto di questo calderone stilistico che non si perde mai però in divagazioni offuscate o insensate, ma che rimane invece ben radicato a dei paletti stilistici che fanno di questo album un vero manifesto di contemporaneità musicale italiana.

Label: Hell Yeah! Rec.
Anno: 2012

tracklist:
1. Futurefunk
2. Kursaal
3. Cani alla menta
4. One nanosecond in Tunisia
5. Ritmo speed
6. Forza dell’abitudine
7. Sensosan
8. Amaricante
9. Newnewwave

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