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feb 17

Marissa Nadler – July

July, settimo album in poco più di dieci anni di carriera, consacra definitivamente Marissa Nadler come una delle autrici più interessanti della scena folk degli anni Duemila: dopo i primi passi in un territorio gotico e prettamente acustico degli esordi, pian piano, la trama dei suoi brani si è arricchita maggiormente, con largo uso di sintetizzatori e lievi percussioni, sebbene il cuore di ogni sua composizione rimangano il delicato arpeggio della chitarra acustica e la sua voce, capace di abbattere qualsiasi dimensione temporale. Anche le sue liriche sono sempre state imperniate di sentimenti atemporali, di storie, dove raramente ha fatto capolino il “me-stil”, ma dove, invece, personaggi di invenzione vivevano la loro tragedia privata e umana, in un continuo dualismo eros-thanatos. Con July, prodotto in collaborazione con una firma importante della scena nu metal, quale Randan Dull (Sunn O))), Earth), si torna alla atmosfere spettrali dei primi tre album o dell’appassionante The Sister (2012): il fingerpicking sognante e mai intrusivo fa da scheletro ad una serie di brani splendidi, in cui, per la prima volta, la giovane americana trova il coraggio di esporsi in prima persona, di tracciare una mappa dei suoi sentimenti, di usare l’ “I” e di non celarsi dietro ad alter ego. Le atmosfere rimangono, comunque, cupe e malinconiche, scure come una Chelsea Wolfe addolcita, o vicine al pathos di un Alela Diane.
La tradizione della classica canzone americana rivive in più di un episodio: la struggente iniziale Drive, dagli umori country, in cui un sottile organo e pedal steel accompagnano l’arpeggio dell’acustica e si uniscono a liriche meditative (“Nothing like the way it feels to drive/ Still remember all the words/ To every song you ever heard”); la coheniana e delicata Firecracker; la disincantata Holiday In (“You have a girl in every state/ I know I’m in the way”). 1923 è uno dei numeri migliori della Nadler: gli archi in levare dell’apertura introducono e sorreggono una commovente e sfuggente composizione acustica, con distanti tamburi. Il singolo Dead City Emily è incantevole, con i tipici arrangiamenti vocali che rimangono austeri tra le mille pieghe musicali; le chitarre elettriche in stile Sharon Van Etten dominano in Was It A Dream?, un’amara meditazione sulla fine di un amore (“It’s true that I lost a year, stumbling from room to room). L’evocativa Anyone Else, con il suo ritornello arioso e i toni chiaroscurali, sfrutta in maniera perfetta i sintetizzatori; Desire fa un sapiente uso di cori lontani e di archi, con una struttura arricchita dall’uso di tastiere. Non mancano neppure episodi sorretti dal pianoforte: il breve e solenne frammento I’ve Got Your Name e la conclusiva e ammaliante Nothing In My Heart.

Label: Bella Union/Cooperative
Genere: Folk
Anno: 2014

Tracklist

01 – Drive
02 – 1923
03 – Firecrackers
04 – We Are Coming Back
05 – Dead City Emily
06 – Was It A Dream
07 – I’ve Got Your Name
08 – Desire
09 – Anyone Else
10 – Holiday In
11 – Nothing In My Heart

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