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apr 22

Si viaggiare…per un silenzio

a cura di Christian Panzano

Sapete cosa vuol dire ricercare un silenzio? Lo cercano tutti. Eppure ci inondiamo di rumori, di blatte sonore, di stonature e ne siamo così pervasi che nel cuore delle città ci sembra di vivere momenti felici, ci sembra quasi tutto normale per poi dover credere senza ombra di dubbio che sia perfettamente tutto normale e il silenzio va a farsi fottere. Vuoi star zitto per favore? lieve brusio infernale. Di notte è il frusciare degli impianti elettrici fatti alla boia di un Giuda, il ticchettio di due orologi asincroni – uno piccolo da comodino tondetto e nerissimo e l’altro grande, da muro, giallo e senza vetro, comprato dai cinesi in via Padova – e poi la sensazione di aver dimenticato qualcosa di importante, certe fotografie o alcune chiamate, certe soluzioni che scivolano via. Ci vuole motivazione, fegato come si suol dire. E il silenzio va a farsi benedire. Mi ero lasciato imbrigliare dallo Jonio che al calar del sole – lo so lo dicono tutti del proprio mare – pare proprio Honolulu. Si magari senza i grattacieli a 50 metri dalla riva. A proposito, lo sapevate che fra pugliesi e calabresi esiste una disputa su chi ha la costa di Jonio più bella? E la Calabria, con un soffio di tramontana si è portata via Milano tirando su una serie di ricordi raffazzonati.

Arangara

Gli Arangara mi hanno aiutato in questo, perchè se non esistessero bravi musicisti oggi navigheremmo in acque sbagliate, con timoni di seconda mano e singulti di prua. Ora il tempo  è così cattivo che conviene rimanere bigi, come dire? Scuri! osservarando un mare che s’accartoccia sul suo passato. La band di Gianfranco Riccelli pubblica il suo terzo lavoro in studio, Grazia in punta di piedi che vuole parlare degli altri, ma che non vuole sentirsi folk. Sentite l’incedere dei tamburi a cornice, la zampogna o la chitarra battente e potrete capire quale possa essere una colonna sonora per questa bellissima terra e tante altre. La loro musica autorale prende per la collottola una classico tempo popolare per la bellissima C’era la luna a Portopalo dove interviene soave la voce di Donatella Dovico. Mi vien voglia di non prendere la solita nave, tanto per fare un giretto in treno o in pullman o magari a piedi, si fa per dire sia ben chiaro. Riccelli sbotta dolcemente “ C’erano solo sogni nella mente prima di finire annegati”  e forse potrebbe non essere un’idea malvagia andar per fratte. E il silenzio va a farsi friggere, ma solo per poco. L’altro giorno ho avuto un brutto risveglio e devo dire di non essere l’unico – ci eravamo lasciati senza governanti e papa Francesco a parte e il Napolitano bis mi pare che la situazione non sia per niente cambiata – dunque prendo le dovute precauzioni: un viaggio, un approdo o un vago senso di irrequietezza potrebbe marcare il mio territorio, se avessi voglia di rimanere solo, ma poi mi accorgo che non è quello il silenzio che pretendo, almeno per ora.
Allora mi affido ad uno specialista che di terrenti tracciati per esigenze umane ne sa quanto un luminare di scienza. Riccardo Tesi è una di quelle storie in cui ci si imbatte, prima o poi, nel buio o nelle ore del mattino, frugando nel futuro. Cameristico, il suo ultimo lavoro, è pieno di rimandi e di fiancheggiate alla world music come al folklore, al jazz come alla classica. Una medaglia d’oro a quest’artista dell’organetto diatonico arrampicato sul suo petto, mi verrebbe da dire. Praga la notte che circonda i vicoli bui di una innata tenerezza, Mazurkazione che ricuce il manto stradale e dà ritmo ai piedi che proprio ora sembrano provati dalla lunga camminata – ci troviamo dalle parti di Pistoia o dintorni –  e fa venir voglia di un bel bicchiere di Chianti. Il funambolo e il ciclamino che di cameristico hanno l’intonazione e che si sbrodolano in semifrasi vernacolari. Oriente e neoclassico si intrecciano in Istanbul e Macedonia. Qui il silenzio è fra le righe, un pelino sotto traccia, giusto per non svelare il trucco. Un gioiello da stringersi in petto, proprio come fa Tesi da trent’anni col suo organetto. Cado – sarà stato il vecchio Chianti di Montalbano – ma trovo le forze, dopo aver sentito che l’oriente è così vicino che potrei trovarne tracce a Pistoia – mi alzo con fatica e col viso rivolto verso la città sento il sole di primavera che scalda gli odori che l’inverno ha chiuso in una bottiglia di vetro. Fracitane girano a zig zag senza adombrarsi sul tempo che cambia o sui muri sempre meno bianchi.

Riccardo Tesi

Procediamo per ordine. Conoscete Terje Rypdal? neanche io o meglio non didascalicamente, ma conosco Richard Williams – insomma quelli che scrivono solo nomi e cognomi li ho sempre odiati anche io e quindi inizierò ad essere più chiaro. Rypdal è norvegese e già questo dice molto sul personaggio, ma a differenza di tanti autarchici scandinavi  il piccolo Terry si è dato da fare e piuttosto che campare di rendita petrolifera si è dato alla sperimentazione. Quindi metteteci il free come la classica, il rock come il jazz, le dissonanze fusion come le poliritmie e vi rimane un campione (inter)nazionale di uguale misura a un Jan Garbarek. Williams è editorialista del Guardian e ha scritto un libro, fra i tanti, su Miles Davis, The blue moment.Sono passati 4 anni da quella pubblicazione e faccio sempre fatica a trovarne una più bella, più coinvolgente e così modesta nell’esegesi come nei punti di profondità. In questo libro Williams si dilunga spesso sul concetto di silenzio inteso come una fra le tante note, se non la più bella musicalmente e ci riesce in pieno. Sentite cosa dice: Rypdal integrò appieno gli effetti elettronici nel suo stile, facendo al jazz ciò che Jimi Hendrix aveva fatto col blues: era come se pensasse per paesaggi sonori piuttosto che per misure o ritornelli. Eco, posizionamenti di microfoni e riverberi dettarono i primi passi di una rivoluzione musicale. Protagonista di questa epopea fu Manfred Eicher e la fondazione della sua ECM. Ma non andiamo oltre, anzi leggetevi il libro, bellissimo, per chi non l’ha ancora fatto. Quello a cui voglio arrivare è che da anni si cerca di mettere su carta il silenzio ma lui sfugge, proprio a chi pensa di conoscerlo bene e rimanendo sull’argomento mi sono imbattuto nella perugina Acustronica. Fondata dal musicista Massimo Discepoli si occupa proprio di ricerca del silenzio, esplorando vari generi e sfiorando tentazioni, percezioni, volontà.

Sava Marinkovich

La qualità e l’originalità sono alla base di produzioni creative (spesso da noi già segnalate) come ad esempio l’ultimo lavoro di Sava Marinkovic. Artista serbo impegnato in svariati progetti solo o in compagnia, approda alla netlabel di Discepoli con il bellissimo Nowhere near. Qui il rock non è un giochetto da ragazzi o  una partita fra amici  e via. Qui il rock subisce un’analisi retrospettiva al pari degli hype, dei giochi d’acqua (Taste of rust), delle svisate (Fragmented life), dei cromosomi space e delle latitudini geografiche – siamo a Perugia o a Pancevo? – perchè sono lo spazio e il tempo ad essere presi di mira in questo disco. Dell’esperienza di Eicher qui c’è tutto, la tensione artistica, l’incanto (Self-neglect) le proiezioni naturalistiche e la sperimentazione sul silenzio (Argemone). Non sarò mai pago per questo lavoro di Sava che forse non diventerà mai un Jimi Hendrix dell’impro/ambient, ma è sulla buona strada per diventare qualcuno. Ora so dove sono, in Serbia e da qui proprio non so come potermi muovere. Ragionando, qualche battello devo averlo pur preso se sono giunto fin qui, ma proprio non ricordo.

1 commento

  1. Luca

    Ho il cd degli Arangara Grazia in punta di piedi. Bellissimo. La tua recensione mi ha fatto meglio assaporare C’era la luna a Portopalo che, fino ad adesso, avevo sottovalutato. Un grande lavoro quello degli Arangara, pieno di poesia, musica e concetti.Luca,

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